domenica 10 giugno 2012

Bersani, lavorare in silenzio

 
Giovanni Bersani, 90 anni, parlamentare ai diversi livelli - comunale, regionale, in parlamento nazionale ed europeo e nell'assemblea internazionale che raccoglieva rappresentanti dell’Africa, Europa, Caraibi e il Pacifico di cui è stato Presidente per 12 anni. Protagonista di tante occasioni di speranza per il nostro paese, per l'Europa e per i paesi definiti, ma solo geograficamente, del sud del mondo.
Con lui, mentre sta per ricevere l’Archiginnasio d’oro, abbiamo voluto riflettere sui tanti segni di speranza e di luce che  hanno significato, senso e valore per l'uomo e per il futuro, in un mondo e in un presente che a volte poco ci piace.
Vengo ricevuto con grande cordialità nel suo ufficio, con tavolo e scaffali pieni di fascicoli, ognuno espressione di altrettanti progetti sociali ed umanitari in ogni parte del mondo. Le pareti, con alcune cartine dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina, con città e territori cerchiati ad indicare altrettanti progetti sociali, educativi e sanitari, pensati e realizzati dal movimento cristiano lavoratori ed altre organizzazioni umanitarie.
“Ogni stagione ha i suoi versanti negativi, le sue sfide, le sue innovazioni le sue spinte al cambiamento e le sue speranze.
Io ne ho vissute tante; ho ormai 90 anni, mi sono trovato a muovermi in numerosi piani nella vita privata, da studente universitario cattolico, l'esperienza della guerra, la resistenza sulle montagne e poi le lotte per creare un mondo sociale con una ispirazione nostra qui a Bologna, fondata su altri modelli e obiettivi e ideali e speranze.
Lo sforzo di fare di Bologna un punto di riferimento nazionale ed internazionale delle forze impegnate  a costruire un futuro di uomini liberi e di cose giuste.
Quindi non era facile pensare nella Bologna di allora di costruire un movimento di operai, impiegati e contadini che potesse in un certo momento essere un punto di riferimento per tutti, avere un sindacato con idee nuove, moderne, avere un movimento cooperativo locale, regionale, nazionale, europeo ed internazionale che facesse della città un punto importante di incontro.
Sempre convinto che c'era qualcosa di molto importante da fare , per cui valeva la pena di lavorare, per tenere accese le speranze e cercare di dare ad ogni stagione di ideali e bisogni la risposta giusta; con una idea di politica aperta, non chiusa, non barricata nel mondo cattolico.
Ho cercato sempre di fare una politica che portasse dentro quei valori in cui credevo, sempre ispirato dall’ideale che dice  "ho fatto ed agito, non in nome della fede, ma a causa della fede. Affidandoci sempre al disegno amorevole di Dio ed alla sua Provvidenza”.
Convinto che dentro la società in ogni stagione ci sono le forze giuste che la possono gestire, dentro le pieghe occorre trovare queste forze, energie, uomini e risorse, difficili da andare a reperire, ma ci sono; e le mie varie e diverse esperienze mi hanno confermato che è possibile.
Quando abbiamo iniziato il movimento operaio, contadino, ecc.,  siamo partiti dallo zero assoluto, del passato non c'era nulla, non abbiamo ereditato. Siamo dovuti partire da zero navigando contro corrente e gradatamente.”

E' un ottimismo verso la vita, verso una società che comunque porta semi di speranza, questa sua fiducia: le risorse nascono ed emergono se ci sono degli ideali, dei valori?
“Nascono dei nuovi problemi difficilissimi. Allora cominciamo a studiarli bene: da dove nascono, quale è l'intima forza che li spinge nella direzione sbagliata, proviamo a vedere quale è la giusta direzione e cominciamo a studiare la forma appropriata per affrontarli. Spesso partendo da zero, così ieri, ma anche oggi. Costruendo modelli nuovi e trovando uomini e donne nuove e risorse anche economiche che sappiano affrontarli.
Per esempio oggi mi occupo di PACE: partendo dalle frasi del Vangelo che recitano semplicemente “beati gli operatori e i costruttori di pace”, e riflettendo, io e un gruppo di amici sensibili a questo tema abbiamo cominciato ad interrogarci su come si può essere costruttori di pace. Abbiamo fatto nascere un movimento, "Pace adesso", e ci  stiamo adoperando per far sì che le idee si possono incarnare in iniziative e possano suscitare presenze del tutte nuove sui diversi aspetti che il problema comporta: riconciliare i nemici, aiutare forme nuove di convivenza e su tutte le sfide nuove che il problema pone.
La pace è qualcosa di molto grande che non possiamo lasciarla solo alle istituzioni. Le istituzioni sono importanti, necessarie ma dalla società possono nascere delle forze straordinarie.”

Possiamo dire ai giovani : "nonostante i drammi, le difficoltà, i problemi che la storia porta con sé, non abbiate paura perché la società, l'uomo, lo spirito ci porta poi la possibilità di ridare speranza, di ricostruire. Non abbiate paura di affrontare le difficoltà"?
“Certo. Il mondo di oggi offre ai giovani opportunità. Ad esempio, ai miei tempi, non potevi viaggiare, c'era censura sui libri, ad ogni minima azione eri sospettato, bastava una tesi su argomenti sociali e politici non in linea con il pensiero corrente e potevano essere guai. Oggi sei cittadino d'Europa, cittadino del mondo, hai l'opportunità di vivere, di conoscere,  di viaggiare. Decine e migliaia di giovani, grazie alle leggi sul volontariato, hanno fatto esperienze importanti in Italia e nel mondo, esperienze che hanno cambiato la loro vita, ma attraverso le quali hanno poi cambiato parti di società.
Lavorando in silenzio, con continuità ed impegno, si possono realizzare dei cambiamenti significativi.”

Mi piace molto questo "lavorare in silenzio", sono già due volte che lo accenna. Quasi nell'intimità. Che cos'è? Una strategia, una metodologia di lavoro, una filosofia di vita, una spiritualità?
“E’ un’azione profonda di riflessione d’interiorizzazione, è contraria ai clamori, ai proclami e alla pubblicità.
Diversamente è facile che uno rimanga prigioniero dell'immagine, invece di guardare ai  valori autentici e alla ragione intima delle cose.”

Delle tante persone che lei ha incontrato nella sua vita, nella sua esperienza, nella sua storia, nel suo lavoro, dei tanti protagonisti di speranza e di luce che il mondo ci ha offerto e ci offre, nonostante drammi e difficoltà, chi è che ricorda maggiormente nel suo pensiero, nella sua azione e nel suo cuore, chi più lo ha influenzato e che poi è diventato anche il suo maestro?
“Direi almeno tre persone.
Igino Righetti, presidente della Fuci, gli universitari cattolici, quando io ero studente universitario, negli anni Quaranta. Righetti ha formato metà della classe dirigente che ha guidato l'Italia, dalla Resistenza in poi. Purtroppo morì pochi mesi prima che fosse liberata Roma. Riminese, grande amico del futuro Papa Montini, un uomo che aveva tantissimi contatti internazionali e che nel mondo cattolico portò una grande idea di modernità e di apertura. Intellettuale di grande respiro internazionale, è stato il primo a riconoscere Maritain, Peguy, Mounier, ecc... ma anche i grandi maestri e pensatori tedeschi di fine secolo.
A volte arrivava un bigliettino con su scritto: “Il tal giorno arrivo in stazione a Bologna, in viaggio per Roma, ho due ore di tempo, ci vediamo al bar”. Così girava l'Italia e così formava decine e decine di dirigenti e diffondeva un'idea di cattolicesimo forte ed aperto. Un grande esempio di un uomo impegnato a causa della fede, nella continua ricerca della ragione profonda delle cose.
Un altro è stato Sereze Kama, presidente di un piccolo paese dell'Africa il Botswana. Figlio di uno dei capi più influenti del suo Paese e già da ragazzo godeva di  una grande considerazione e stima dai diversi capi tribù. Un uomo di una assoluta e straordinaria semplicità. Quando il Botswana diventò indipendente, lui era studente a Londra e era fidanzato con una ragazza inglese. Quando il suo Paese è diventato indipendente e occorreva un presidente, i leader decisero per il suo nome e una delegazione andò a trovarlo a Londra per offrirgli la presidenza, chiedendogli però di non sposare un’inglese perché il paese non lo avrebbe accettato (il Botswana era appunto una ex colonia britannica).
Lui rimarcò la libertà di non stabilire alcun steccato di razza e che la sua donna inglese sarebbe comunque diventata sua moglie.
Momentaneamente chiusero la vicenda, ma nel paese non riuscirono a trovare alcuno che potesse assumere la carica di presidente e quindi rimase l'unico candidato. Eravamo agli inizi degli anni sessanta.
Sereze per accettare la carica pose comunque alcune condizioni imprescindibili. Pluralismo politico e libertà di idee assoluta, pluralismo sociale, ossia  sindacati, associazionismo e, nonostante il suo Paese confinasse con il Sudafrica dell'apartheid, e cioè con uno degli eserciti più potenti della regione, chiese di non aver alcun esercito. Ripeteva: “ci difenderemo con il nostro prestigio e con l'onore con cui circonderemo il nostro lavoro”. E così ha governato il suo paese. Ogni volta che gli facevo visita, prendevo coraggio rispetto all'impegno di democratizzare e di liberalizzare l'Africa.
Il prestigio di questo uomo semplice, uomo di pace, che viveva in una casa semplicissima diventò enorme, morì molto giovane.
Ogni volta che ho avuto la gioia di parlare con lui, ricevevo sempre lezioni importanti.
Dopo due nomi sconosciuti, aggiungo Madre Teresa di Calcutta, che ho conosciuto in Africa e con cui ho condiviso periodi d’impegno sociale e spirituale molto intensi.”

Lei ha detto "...c'era un uomo...". Le chiedo: c'è la necessità di un uomo - per costruire solidarietà, pace, per offrire speranza e luce alle difficoltà di ogni presente e di ogni società - o di un'etica?
“Occorrono entrambi. La testimonianza di un uomo che interpreta e rende viva e credibile un’ idea e un'etica è essenziale. Un nome per tutti ed accettato da tutti, almeno nel mondo cattolico: Alcide De Gasperi, incarnazione coerente dell'idea democratica moderna.”

Di questi elementi: il volontariato, la politica, l'impegno sociale ed umanitario, il sindacato, la scuola, la pace e ogni forma di solidarietà che potremmo aggiungere, quale è quello più importante e per il quale vale la pena spendersi e dedicarsi per dare ed offrire speranza?
“Molto dipende dalla propria vocazione, ma anche dal luogo geografico in cui uno vive. Io, bolognese, mi pongo il problema del ruolo di Bologna nella vita politica e sociale del mio Paese,  da cattolico, da democratico, da democratico impegnato nel sociale, non posso pormi problemi in astratto. Un’altra persona che vive da un'altra parte si pone un'altra problematica e può trovare strumenti diversi da me per offrire il suo impegno e contributo per migliorare la sua comunità e il suo Paese.”
Quindi sono tutti elementi importanti. Anche la politica, che pure sta vivendo un momento di tanto disimpegno e di sfiducia così totale?
Spesso incontro persone che mi dicono: "oramai non c'è più niente da fare, è tutto perso, la politica è solo corruzione, c'è confusione" e quindi la conclusione è che non si può  far niente. Io li guardo e dico: Mai come adesso ci sono le possibilità di fare e spiego il perché, c'è la politica degli uomini, dei problemi e delle cose e c'è la politica dei partiti.
Sul piano della politica dei partiti il quadro non è confortante e uno cerca di fare le scelte meno negative che la situazione gli consente. Ma sul resto ognuno di noi può fare delle cose che mai nessuno ha potuto fare prima d'ora.
Per esempio con il volontariato può affrontare problemi della gente, può servire gli umili, in concreto, dare risposte creative, nuove,  di grande servizio alla persona più umiliata, più bersagliata più piena di guai, più emarginata, ecc...
Può anche dire: io vado in Tanzania, e probabilmente riesco a costruire insieme con la gente del posto, dialogando e senza imporre i miei modelli qualche cosa che da speranza a chi oggi non c'è l'ha.
Posso andare in Albania, come stiamo facendo, e raccogliere 100, 200 ragazzi di strada, che hanno vissuto le esperienze più tragiche, soprattutto le ragazze, e pian piano con esperti ricostruire la loro personalità e ridare una speranza di vita a chi prima era privo di ogni speranza.
Questo impegno concreto ieri non era possibile, mentre oggi migliaia di giovani lo fanno. Oggi abbiamo tante sfide, ma ci sono mezzi, risorse opportunità che ieri non c'erano anche se a volta molti non le conoscono.
E tutto questo è politica, perché politica è servizio alla società.
Posso fare qualcosa con l'etichetta di un partito, soggetto fondamentale della democrazia istituzionalizzata, ma c'è una democrazia di vita vissuta, praticata costruita sulla fratellanza sull'amicizia, sul dialogo, sul rompere le barriere, sullo stabilire rapporti in modo completamente diverso tra chi ieri si combatteva.
Quindi guardando a quello che si può fare dentro la società di oggi noi abbiamo tante possibilità, poi, certo, dobbiamo combattere storture e corruzione. Considerando i veri problemi dell'uomo e della società, essi vanno ben oltre il rendere quest'ultima più efficiente nel servizio alla persona, se ad aiutarla ad essere più umana non c'è la provvidente misericordia di Dio e la collaborazione di tante persone buone e sante con le loro preghiere, le loro sofferenze e le loro opere virtuose.”

E' quindi è il piccolo che può salvare ancor più che il grande? C'è più speranza nel piccolo? E il processo di globalizzazione dei mercati e delle istituzioni, dei processi sociali e civili?
 “Da una parte c'è la responsabilità delle grandi organizzazioni e poi c'è la possibilità che la generosità e la inventiva del piccolo possa supplire la dove le strutture per difficoltà varie non riescono a realizzare i suoi compiti. L'ONU per esempio è completamente da riformare. Le grandi istituzioni, poiché i problemi sono grandi, sono assolutamente necessarie. Le piccole sono altrettanto necessarie per ciò che possono fare loro, direi in modo quasi rivoluzionario, partendo dal basso e partendo dall'interpretazione della logica intima delle cose, dalla ragione più profonda delle cose e  del loro sviluppo. E poi criticando e mai abbandonando le grandi istituzioni, le obbliga a riflettere e a prendere coscienza delle responsabilità che spesso sacrificano sul tavolo degli equilibri politici e di parte.”

gennaio-febbraio 2004

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