Giovanni Bersani, 90 anni, parlamentare ai diversi
livelli - comunale, regionale, in parlamento nazionale ed europeo e
nell'assemblea internazionale che raccoglieva rappresentanti dell’Africa,
Europa, Caraibi e il Pacifico di cui è stato Presidente per 12 anni. Protagonista di tante occasioni di speranza per il
nostro paese, per l'Europa e per i paesi definiti, ma solo geograficamente, del
sud del mondo.
Con lui, mentre sta per ricevere l’Archiginnasio d’oro, abbiamo voluto riflettere sui tanti segni di speranza e di luce che hanno significato, senso e valore per l'uomo e per il futuro, in un mondo e in un presente che a volte poco ci piace.
Con lui, mentre sta per ricevere l’Archiginnasio d’oro, abbiamo voluto riflettere sui tanti segni di speranza e di luce che hanno significato, senso e valore per l'uomo e per il futuro, in un mondo e in un presente che a volte poco ci piace.
Vengo ricevuto con grande cordialità nel suo ufficio,
con tavolo e scaffali pieni di fascicoli, ognuno espressione di altrettanti
progetti sociali ed umanitari in ogni parte del mondo. Le pareti, con alcune
cartine dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina, con città e territori
cerchiati ad indicare altrettanti progetti sociali, educativi e sanitari, pensati
e realizzati dal movimento cristiano
lavoratori ed altre organizzazioni umanitarie.
“Ogni stagione ha i suoi versanti negativi, le sue
sfide, le sue innovazioni le sue spinte al cambiamento e le sue speranze.
Io ne ho vissute tante; ho ormai 90 anni, mi sono
trovato a muovermi in numerosi piani nella vita privata, da studente
universitario cattolico, l'esperienza della guerra, la resistenza sulle
montagne e poi le lotte per creare un mondo sociale con una ispirazione nostra
qui a Bologna, fondata su altri modelli e obiettivi e ideali e speranze.
Lo sforzo di fare di Bologna un punto di riferimento
nazionale ed internazionale delle forze impegnate a costruire un futuro di uomini liberi e di
cose giuste.
Quindi non era facile pensare nella Bologna di allora
di costruire un movimento di operai, impiegati e contadini che potesse in un
certo momento essere un punto di riferimento per tutti, avere un sindacato con
idee nuove, moderne, avere un movimento cooperativo locale, regionale,
nazionale, europeo ed internazionale che facesse della città un punto
importante di incontro.
Sempre convinto che c'era qualcosa di molto importante
da fare , per cui valeva la pena di lavorare, per tenere accese le speranze e
cercare di dare ad ogni stagione di ideali e bisogni la risposta giusta; con
una idea di politica aperta, non chiusa, non barricata nel mondo cattolico.
Ho cercato sempre di fare una politica che portasse
dentro quei valori in cui credevo, sempre ispirato dall’ideale che dice "ho fatto ed agito, non in nome della
fede, ma a causa della fede. Affidandoci sempre al disegno amorevole di Dio ed
alla sua Provvidenza”.
Convinto che dentro la società in ogni stagione ci
sono le forze giuste che la possono gestire, dentro le pieghe occorre trovare
queste forze, energie, uomini e risorse, difficili da andare a reperire, ma ci
sono; e le mie varie e diverse esperienze mi hanno confermato che è possibile.
Quando abbiamo iniziato il movimento operaio,
contadino, ecc., siamo partiti dallo zero
assoluto, del passato non c'era nulla, non abbiamo ereditato. Siamo dovuti
partire da zero navigando contro corrente e gradatamente.”
E' un ottimismo verso la vita, verso una
società che comunque porta semi di speranza, questa sua fiducia: le risorse
nascono ed emergono se ci sono degli ideali, dei valori?
“Nascono dei nuovi problemi difficilissimi. Allora
cominciamo a studiarli bene: da dove nascono, quale è l'intima forza che li
spinge nella direzione sbagliata, proviamo a vedere quale è la giusta direzione
e cominciamo a studiare la forma appropriata per affrontarli. Spesso partendo
da zero, così ieri, ma anche oggi. Costruendo modelli nuovi e trovando uomini e
donne nuove e risorse anche economiche che sappiano affrontarli.
Per esempio oggi mi occupo di PACE: partendo dalle
frasi del Vangelo che recitano semplicemente “beati gli operatori e i
costruttori di pace”, e riflettendo, io e un gruppo di amici sensibili a questo
tema abbiamo cominciato ad interrogarci su come si può essere costruttori di
pace. Abbiamo fatto nascere un movimento, "Pace adesso", e ci stiamo adoperando per far sì che le idee si
possono incarnare in iniziative e possano suscitare presenze del tutte nuove
sui diversi aspetti che il problema comporta: riconciliare i nemici, aiutare
forme nuove di convivenza e su tutte le sfide nuove che il problema pone.
La pace è qualcosa di molto grande che non possiamo
lasciarla solo alle istituzioni. Le istituzioni sono importanti, necessarie ma
dalla società possono nascere delle forze straordinarie.”
Possiamo
dire ai giovani : "nonostante i drammi, le difficoltà, i problemi che la
storia porta con sé, non abbiate paura perché la società, l'uomo, lo spirito ci
porta poi la possibilità di ridare speranza, di ricostruire. Non abbiate paura
di affrontare le difficoltà"?
“Certo. Il mondo di oggi offre ai giovani opportunità.
Ad esempio, ai miei tempi, non potevi viaggiare, c'era censura sui libri, ad
ogni minima azione eri sospettato, bastava una tesi su argomenti sociali e
politici non in linea con il pensiero corrente e potevano essere guai. Oggi sei
cittadino d'Europa, cittadino del mondo, hai l'opportunità di vivere, di
conoscere, di viaggiare. Decine e
migliaia di giovani, grazie alle leggi sul volontariato, hanno fatto esperienze
importanti in Italia e nel mondo, esperienze che hanno cambiato la loro vita,
ma attraverso le quali hanno poi cambiato parti di società.
Lavorando in silenzio, con continuità ed impegno, si
possono realizzare dei cambiamenti significativi.”
Mi piace molto questo "lavorare in
silenzio", sono già due volte che lo accenna. Quasi nell'intimità. Che
cos'è? Una strategia, una metodologia di lavoro, una filosofia di vita, una
spiritualità?
“E’ un’azione profonda di riflessione d’interiorizzazione,
è contraria ai clamori, ai proclami e alla pubblicità.
Diversamente è facile che uno rimanga prigioniero
dell'immagine, invece di guardare ai
valori autentici e alla ragione intima delle cose.”
Delle tante persone che lei ha
incontrato nella sua vita, nella sua esperienza, nella sua storia, nel suo
lavoro, dei tanti protagonisti di speranza e di luce che il mondo ci ha offerto
e ci offre, nonostante drammi e difficoltà, chi è che ricorda maggiormente nel
suo pensiero, nella sua azione e nel suo cuore, chi più lo ha influenzato e che
poi è diventato anche il suo maestro?
“Direi almeno tre persone.
Igino Righetti, presidente della Fuci, gli
universitari cattolici, quando io ero studente universitario, negli anni
Quaranta. Righetti ha formato metà della classe dirigente che ha guidato
l'Italia, dalla Resistenza in poi. Purtroppo morì pochi mesi prima che fosse
liberata Roma. Riminese, grande amico del futuro Papa Montini, un uomo che
aveva tantissimi contatti internazionali e che nel mondo cattolico portò una
grande idea di modernità e di apertura. Intellettuale di grande respiro
internazionale, è stato il primo a riconoscere Maritain, Peguy, Mounier, ecc...
ma anche i grandi maestri e pensatori tedeschi di fine secolo.
A volte arrivava un bigliettino con su scritto: “Il
tal giorno arrivo in stazione a Bologna, in viaggio per Roma, ho due ore di
tempo, ci vediamo al bar”. Così girava l'Italia e così formava decine e decine
di dirigenti e diffondeva un'idea di cattolicesimo forte ed aperto. Un grande
esempio di un uomo impegnato a causa della fede, nella continua ricerca della
ragione profonda delle cose.
Un altro è stato Sereze Kama, presidente di un piccolo
paese dell'Africa il Botswana. Figlio di uno dei capi più influenti del suo
Paese e già da ragazzo godeva di una
grande considerazione e stima dai diversi capi tribù. Un uomo di una assoluta e
straordinaria semplicità. Quando il Botswana diventò indipendente, lui era
studente a Londra e era fidanzato con una ragazza inglese. Quando il suo Paese
è diventato indipendente e occorreva un presidente, i leader decisero per il
suo nome e una delegazione andò a trovarlo a Londra per offrirgli la
presidenza, chiedendogli però di non sposare un’inglese perché il paese non lo
avrebbe accettato (il Botswana era appunto una ex colonia britannica).
Lui rimarcò la libertà di non stabilire alcun steccato
di razza e che la sua donna inglese sarebbe comunque diventata sua moglie.
Momentaneamente chiusero la vicenda, ma nel paese non
riuscirono a trovare alcuno che potesse assumere la carica di presidente e
quindi rimase l'unico candidato. Eravamo agli inizi degli anni sessanta.
Sereze per accettare la carica pose comunque alcune
condizioni imprescindibili. Pluralismo politico e libertà di idee assoluta,
pluralismo sociale, ossia sindacati,
associazionismo e, nonostante il suo Paese confinasse con il Sudafrica
dell'apartheid, e cioè con uno degli eserciti più potenti della regione, chiese
di non aver alcun esercito. Ripeteva: “ci difenderemo con il nostro prestigio e
con l'onore con cui circonderemo il nostro lavoro”. E così ha governato il suo
paese. Ogni volta che gli facevo visita, prendevo coraggio rispetto all'impegno
di democratizzare e di liberalizzare l'Africa.
Il prestigio di questo uomo semplice, uomo di pace,
che viveva in una casa semplicissima diventò enorme, morì molto giovane.
Ogni volta che ho avuto la gioia di parlare con lui,
ricevevo sempre lezioni importanti.
Dopo due nomi sconosciuti, aggiungo Madre Teresa di
Calcutta, che ho conosciuto in Africa e con cui ho condiviso periodi d’impegno
sociale e spirituale molto intensi.”
Lei ha detto
"...c'era un uomo...". Le chiedo: c'è la necessità di un uomo - per costruire
solidarietà, pace, per offrire speranza e luce alle difficoltà di ogni presente
e di ogni società - o di un'etica?
“Occorrono entrambi. La testimonianza di un uomo che
interpreta e rende viva e credibile un’ idea e un'etica è essenziale. Un nome
per tutti ed accettato da tutti, almeno nel mondo cattolico: Alcide De Gasperi,
incarnazione coerente dell'idea democratica moderna.”
Di questi elementi: il volontariato, la
politica, l'impegno sociale ed umanitario, il sindacato, la scuola, la pace e
ogni forma di solidarietà che potremmo aggiungere, quale è quello più
importante e per il quale vale la pena spendersi e dedicarsi per dare ed offrire
speranza?
“Molto dipende dalla propria vocazione, ma anche dal
luogo geografico in cui uno vive. Io, bolognese, mi pongo il problema del ruolo
di Bologna nella vita politica e sociale del mio Paese, da cattolico, da democratico, da democratico
impegnato nel sociale, non posso pormi problemi in astratto. Un’altra persona
che vive da un'altra parte si pone un'altra problematica e può trovare
strumenti diversi da me per offrire il suo impegno e contributo per migliorare
la sua comunità e il suo Paese.”
Quindi sono tutti elementi importanti. Anche
la politica, che pure sta vivendo un momento di tanto disimpegno e di sfiducia
così totale?
Spesso incontro persone che mi dicono: "oramai
non c'è più niente da fare, è tutto perso, la politica è solo corruzione, c'è
confusione" e quindi la conclusione è che non si può far niente. Io li guardo e dico: Mai come
adesso ci sono le possibilità di fare e spiego il perché, c'è la politica degli
uomini, dei problemi e delle cose e c'è la politica dei partiti.
Sul piano della politica dei partiti il quadro non è
confortante e uno cerca di fare le scelte meno negative che la situazione gli
consente. Ma sul resto ognuno di noi può fare delle cose che mai nessuno ha
potuto fare prima d'ora.
Per esempio con il volontariato può affrontare
problemi della gente, può servire gli umili, in concreto, dare risposte
creative, nuove, di grande servizio alla
persona più umiliata, più bersagliata più piena di guai, più emarginata, ecc...
Può anche dire: io vado in Tanzania, e probabilmente
riesco a costruire insieme con la gente del posto, dialogando e senza imporre i
miei modelli qualche cosa che da speranza a chi oggi non c'è l'ha.
Posso andare in Albania, come stiamo facendo, e
raccogliere 100, 200 ragazzi di strada, che hanno vissuto le esperienze più
tragiche, soprattutto le ragazze, e pian piano con esperti ricostruire la loro
personalità e ridare una speranza di vita a chi prima era privo di ogni
speranza.
Questo impegno concreto ieri non era possibile, mentre
oggi migliaia di giovani lo fanno. Oggi abbiamo tante sfide, ma ci sono mezzi,
risorse opportunità che ieri non c'erano anche se a volta molti non le conoscono.
E tutto questo è politica, perché politica è servizio
alla società.
Posso fare qualcosa con l'etichetta di un partito,
soggetto fondamentale della democrazia istituzionalizzata, ma c'è una
democrazia di vita vissuta, praticata costruita sulla fratellanza
sull'amicizia, sul dialogo, sul rompere le barriere, sullo stabilire rapporti
in modo completamente diverso tra chi ieri si combatteva.
Quindi guardando a quello che si può fare dentro la
società di oggi noi abbiamo tante possibilità, poi, certo, dobbiamo combattere
storture e corruzione. Considerando i veri problemi dell'uomo e della società,
essi vanno ben oltre il rendere quest'ultima più efficiente nel servizio alla
persona, se ad aiutarla ad essere più umana non c'è la provvidente misericordia
di Dio e la collaborazione di tante persone buone e sante con le loro preghiere,
le loro sofferenze e le loro opere virtuose.”
E' quindi è il piccolo che può salvare
ancor più che il grande? C'è più speranza nel piccolo? E il processo di
globalizzazione dei mercati e delle istituzioni, dei processi sociali e civili?
“Da una parte
c'è la responsabilità delle grandi organizzazioni e poi c'è la possibilità che
la generosità e la inventiva del piccolo possa supplire la dove le strutture
per difficoltà varie non riescono a realizzare i suoi compiti. L'ONU per
esempio è completamente da riformare. Le grandi istituzioni, poiché i problemi
sono grandi, sono assolutamente necessarie. Le piccole sono altrettanto
necessarie per ciò che possono fare loro, direi in modo quasi rivoluzionario,
partendo dal basso e partendo dall'interpretazione della logica intima delle
cose, dalla ragione più profonda delle cose e
del loro sviluppo. E poi criticando e mai abbandonando le grandi
istituzioni, le obbliga a riflettere e a prendere coscienza delle
responsabilità che spesso sacrificano sul tavolo degli equilibri politici e di
parte.”
gennaio-febbraio 2004
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