domenica 25 ottobre 2009

Il compagno prepotente


Aumentano gli atti e i comportamenti di sopraffazione tra compagni in ambito scolastico. La sofferenza, spesso silenziosa, a volte insopportabile, delle vittime; l'immaturità degli aggressori, ripiegati su se stessi.

Luca, un ragazzo tranquillo di quattordici anni, un giorno più difficile degli altri pose fine alla sua vita. Da qualche anno veniva sistematicamente preso in giro, umiliato e molestato da alcuni compagni di classe. Era la vittima designata delle prepotenze e delle persecuzioni, una specie di "gioco umano". Lo ingiuriavano, lo minacciavano a suon di pugni e facevano di tutto perché venisse emarginato dal resto della classe. Qualche giorno prima dell'esame gli furono rubati gli appunti, sostenne ugualmente la prova, ma risultò negativo. All'inizio amava la scuola, ma pian piano cominciò a odiarla. Timoroso di raccontare tutto ai suoi genitori, Luca (nome di fantasia) scelse la morte. Rincasò da scuola, prese la pistola del padre e si sparò accanto al tavolo, là dove aveva passato tanti pomeriggi di studio e di pensieri.
Il bullismo nelle scuole, dalle elementari alle medie e ai primi anni delle superiori, di ogni forma e grado, è un fenomeno apparentemente sommerso ma incredibilmente diffuso e sempre più in crescita. A partire dagli anni ottanta, ricercatori e governi di tutti i paesi europei, consapevoli dell'importanza e della gravita del problema, hanno prodotto numerosi studi e ricerche e diverse iniziative di prevenzione e di aggiornamento e formazione per le famiglie e i docenti.

I rapporti e le indagini si moltiplicano e tutte le volte emerge un fenomeno dai dati allarmanti e in forte evoluzione. L'Italia risulta essere, in base a più di una ricerca e senza retorica alcuna o allarmismo esagerato, il paese con la percentuale più alta, in Europa, di episodi di bullismo.
Si stima che quasi il 50% degli alunni, soprattutto tra i maschi, sia stato protagonista di comportamenti aggressivi, abbia minacciato un suo compagno, lo abbia picchiato o aggredito verbalmente.
Un comportamento da "bullo" è un tipo di azione che mira deliberatamente a ferire, spesso è persistente, talvolta dura settimane, mesi e persine anni ed è difficile, per coloro che ne sono vittime, difendersi. Alla base della maggior parte dei comportamenti sopraffattori c'è un abuso di potere e un desiderio di intimidire e dominare.
II bullismo assume forme differenti: fisiche (aggredire con pugni e calci, appropriarsi o rovinare gli effetti personali del compagno), verbali (deridere, insultare, prendere in giro ripetutamente, fare affermazioni razziste), psicologiche (diffondere pettegolezzi, escludere qualcuno dai propri gruppi di aggregazione, emarginare).
Aggressioni fisiche, offese e soprusi, piccole e grandi prepotenze che con il crescere dell'età diventano condizionamenti psicologici più sottili. Il gioco, che si ripete in una dolorosa routine, è sempre lo stesso e si consuma tra la vittima e un carnefice arrogante e sicuro di se e protetto da un gruppo di coetanei consenzienti. Drammaticamente è anche, che spesso il fenomeno è sostenuto dal silenzio delle stesse vittime: i bambini e gli adolescenti che subiscono hanno difficoltà a raccontare l'abuso e gli insegnanti e i genitori rimangono spesso ignari della realtà.

Le vittime dei bulli hanno vita difficile, possono sentirsi oltraggiate, possono provare il desiderio di non andare più a scuola. Nel corso del tempo perdono sicurezza e autostima, spesso si rimproverano di attirare le prepotenze dei loro compagni. Presentano aspetti di ansia e di insicurezza e una visione negativa di sé che facilita la loro identificazione come potenziali vittime. I ripetuti atti di molestia e di patimento hanno effetti devastanti sull'itinerario di sviluppo, nella perdita di autostima e nella capacità di aprirsi a significative relazioni sociali. Questi disagi influiscono fortemente anche sulla capacità di concentrazione e sull'apprendimento. Alcuni presentano forti sintomi da stress, incubi o attacchi di ansia. Altri si sottraggono al ruolo di vittima designata dei bulli, marinando la scuola. Altri possono persino sviluppare il timore di lasciare la sicurezza della propria casa, o portati alla passività e a una forte depressione, possono essere protagonisti di gesti clamorosi che li portano a porre fine con la morte ad una vita di sofferenza e incapacità di uscirne fuori.
Gli stessi prevaricatori o bulli possono, con il tempo, rimanere fissati al ruolo che hanno assunto nella preadolescenza o adolescenza, diventando adulti antisociali e violenti.

La tendenza ad agire prepotenze su un altro compagno denota non solo la difficoltà nella relazione tra pari, ma anche disturbi vistosi nel processo maturativo del prevaricatore. Questi infatti, ponendo in essere comportamenti aggressivi, dimostra un ripiegamento su se stesso e sulla esigenza di dominare, una incapacità a riconoscere le emozioni altrui, una chiusura ad un'autentica relazione di scambio e una sostanziale ostilità verso il mondo esterno. Il fenomeno, secondo molte ricerche, non dipende tanto dallo svantaggio socio-economico, ma piuttosto da un "clima familiare". Sono la mancanza di coesione del gruppo familiare e di una chiara differenziazione dei ruoli, un ambiente troppo permissivo e tollerante oppure eccessivamente coercitivo, e il patrimonio dei valori trasmessi dai genitori che determinano le strategie con cui i bambini e gli adolescenti affrontano la vita di tutti i giorni.
Tra le forme di devianza minorile, il bullismo è sempre più diffuso in ambito scolastico. La scuola deve considerare suo un problema che per troppo tempo ha sottovalutato e che oggi non può far finta di ignorare. Certo, la scuola e la formazione professionale non possono farcela da sole e hanno bisogno di rilevanti aiuti dalla comunità in cui sono inserite, per poter attuare strategie di chiarimento e di recupero, sia nei confronti dei ragazzi aggressivi, sia nei confronti dei ragazzi vittime. E ciò operando sia sul piano individuale sui ragazzi coinvolti, attraverso colloqui con loro e con i genitori, sia sul piano collettivo attraverso incontri in classe e un appropriato utilizzo di metodologie didattiche interattive e partecipative che siano coinvolgenti da un punto di vista emotivo e relazionale. Certo, le iniziative messe in campo aumentano e alcuni istituti scolastici e formativi sono attenti a politiche antibullismo, ma ancora le azioni sono insufficienti e soprattutto disordinate e occasionali.


© AF, maggio 2003

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