sabato 20 ottobre 2018

Sessantotto e sindacato



Undici settembre 1969, comincia l'autunno caldo.

L'Italia è attraversata da una ondata di proteste e lotte sindacali ed operaie che da lì a poco sconvolgeranno il clima sociale e politico del Paese, mettendo in evidenza l’intollerabile disagio delle condizioni di lavoro nelle fabbriche e nelle campagne.


In coincidenza con la scadenza triennale di quasi tutti i contratti di lavoro, in particolar modo di quello dei metalmeccanici, avviene un po' in tutte le grandi città italiane una partecipata ed estesa mobilitazione sindacale degli operai e dei contadini che dà inizio ad un periodo di diffusi e forti conflitti sociali.
In pochi mesi scendono in lotta oltre cinque milioni di lavoratori dell'industria e dei servizi: chimici, braccianti, edili, alimentaristi, minatori e metalmeccanici.
Le manifestazioni, le occupazioni e gli scioperi, partono da Torino, ma ben presto si allargano al resto del Paese, grandi cortei attraversano Milano, Genova, Napoli, Roma, Pisa.
Gli operai delle grandi fabbriche in lotta, trovano alleati gli studenti delle scuole e delle università, che già da qualche anno hanno dato vita ad occupazioni e vigorose  manifestazioni con le  quali reclamano il "diritto allo studio" per tutti gli strati sociali, una gestione democratica delle istituzioni scolastiche, universitarie e culturali con la partecipazione della componente studentesca. 
Le lotte del mondo del lavoro e del movimento operaio e popolare si saldano con le battaglie del movimento studentesco, mostrando un malessere sociale profondo, accumulato negli anni sessanta, in cui il “ miracolo economico” arricchiva sempre più l’élite imprenditoriale a danno dei tanti lavoratori dipendenti e braccianti, e con una classe politica incapace di varare vigorose riforme di giustizia sociale.

La vertenza per i contratti non è solo salariale, ma comprende anche la sicurezza sul lavoro (drammatici i dati degli infortuni e delle morti sul lavoro) e la tutela della salute dei lavoratori, i diritti alle assemblee in fabbrica, la riduzione dell'orario di lavoro, il diritto allo studio e a un'informazione più libera ed eterogenea.
Le manifestazioni e gli scioperi, continuano ininterrotti durante tutti i mesi in cui si sviluppano le trattative tra le Organizzazioni sindacali CGIL-CISL-UIL, il Governo, l’Intersind (l’associazione sindacale delle aziende a partecipazione statale) e la Confindustria. Durante questo periodo di lotta, il movimento operaio e sindacale dimostra una grande capacità di autogoverno, di maturità democratica e non violenta e un forte senso di responsabilità civile e politica.
Nonostante la composita disinformazione, ad opera di quasi tutti gli organi di stampa, piano piano le forze in lotta conquistano il consenso e la solidarietà di altri componenti della società,  dell’opinione pubblica, delle amministrazioni locali e della stessa politica, che sin dall’inizio erano avverse e scettiche nei confronti delle proteste. Questo successo pubblico e la paura di svolte politiche di sinistra, scatenano atti violenti ed eversivi con l’intento di creare caos e possibili soluzioni politiche restauratrici o militari.
Il dodici dicembre 1969 avviene la strage alla Banca nazionale dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano con diciotto morti e ottanta feriti. Altre bombe esplodono contemporaneamente a Roma: alla Banca nazionale del Lavoro, dove vi furono quattordici feriti, all’Altare della Patria e all’entrata del Museo del Risorgimento. Una quinta bomba venne rinvenuta, inesplosa, alla Banca commerciale di Milano, in piazza della Scala.
Vengono accusati gruppi di sinistra e anarchici, e messe in atto diffuse azioni di depistaggio. Ancora oggi i fatti non sono chiari e la verità è nascosta, ma quasi certamente furono coinvolti gruppi reazionari e di destra, con la partecipazione di parti deviate dei servizi segreti e di alti funzionari dello Stato e personaggi della politica. La risposta democratica del mondo del lavoro è ferma e immediata.
Ai funerali delle vittime di piazza Fontana partecipano in silenzio e commossi trecento mila operai.

Dieci giorni dopo, Confindustria supportata dalla mediazione del Ministro del lavoro, accetta quasi tutte le rivendicazioni dei metalmeccanici. Il nove dicembre Intersind, aveva firmato un contratto collettivo simile.
La stagione delle lotte sindacali per il rinnovo dei contratti di categoria culmina così con il rinnovo del contratto dei metalmeccanici e successivamente di tutte le altre categorie del mondo del lavoro.
Un risultato politico e sindacale, mai più raggiunto dal movimento operaio e dalle Organizzazioni sindacali, che costituisce un importante punto di svolta nella storia contrattuale,  sociale e politica dell’Italia.
Un momento altrettanto significativo, scaturito dalla stagione dell’autunno caldo, si realizza nel 1970 con l'approvazione da parte del parlamento italiano della legge 300, meglio conosciuta come lo Statuto dei lavoratori, che entra in vigore il venti maggio dello stesso anno.
Lo Statuto sancisce il pieno riconoscimento del sindacato nelle fabbriche, la libertà dei lavoratori di manifestare il proprio pensiero, ponendo limiti alle pratiche aziendali che possano minarne la libertà e la dignità. Stabilisce la completa libertà dei lavoratori di poter aderire al sindacato e che non sono ammessi licenziamenti per motivi sindacali, imponendo la riassunzione per i lavoratori espulsi per ragioni sindacali o per discriminazioni politiche o religiose o senza una giusta causa.
Sancisce garanzie e tutele speciali per le Rappresentanze sindacali aziendali, nonché la possibilità di esercitare attività sindacale nei luoghi di lavoro e l’opportunità per i dirigenti delle Organizzazioni sindacali di partecipare ad incontri ed assemblee in azienda.
E’ una svolta epocale e decisiva per la libertà di espressione e sindacale nel mondo del lavoro.
Durante tutta la stagione delle contestazioni matura - tra gli operai e i delegati delle tre maggiori Organizzazioni sindacali CGIL-CISL-UIL - un profondo bisogno di unità sindacale e una consolidata coscienza della forza e del senso sociale e politico dell’azione sindacale, mai più raggiunto in seguito.

Se si confronta la stagione dell’autunno caldo con il momento attuale delle lotte sindacali per il lavoro, a fatica non nasce un moto di nostalgia per un periodo dalla grande capacità  di mobilitazione di massa, di rivendicazioni di migliori condizioni di vita lavorativa, di profonda riflessione. Una riflessione sul senso del lavoro, sulla possibilità di realizzare il proprio progetto di vita attraverso un lavoro responsabile e più libero possibile, sulle condizioni della democrazia partecipata nella società e nel sindacato, sulla possibilità di cambiare ed umanizzare la realtà della fabbrica e della società italiana. Tuttavia, dopo qualche anno, si arriva ad un indebolimento della energia propulsiva prodotta, e sembra difficile o meglio impossibile recuperare (nella società italiana odierna) il clima e la forza che ha generato tante speranze, risultati positivi concreti e il desiderio di impegno e mobilitazione per un mondo migliore e più giusto. Inoltre, la pretesa “rivoluzionaria” di alcuni gruppi sociali emersi nel periodo caldo del ’68 e del ’69, ha prodotto la tragedia della stagione terroristica, mentre la parte più moderata e democratica del movimento studentesco ed operaio ha realizzato - nonostante i limiti e le difficoltà di un rinnovamento nel tempo – discreti obiettivi di umanizzazione del mondo del lavoro e di conquista di diritti sociali, sindacali e del lavoro.

Forse, come sempre, ogni stagione che conclude il suo ciclo e percorso vitale, ha necessità di essere sedimentata nei sui ideali migliori e alle generazioni successive spetta l’impegno di ritrovare le forme di lotta e di mobilitazione più adeguate al contesto sociale, storico e politico cambiato.
Le strade sono sempre aperte per essere percorse in ogni direzione, ma è la responsabilità sociale ed umana di ciascuno e della collettività tutta che permette poi i percorsi più adatti al progresso sociale, civile e politico di una società.
La nostalgia non è fine a se stessa, ma ha fondamento nella necessità di ritrovare una comprensione del nuovo mondo globalizzato e forme di lotta che sappiano coniugare rivendicazioni economiche, sociali e civili in grado di offrire ai popoli un futuro di giustizia sociale diffusa e di convivenza pacifica.


Bibliografia essenziale
AAVV, Lotte operaie e sindacato il ciclo 1968-72 in Italia, Il Mulino 1978
Alfredo Gigliobianco e Michele Salvati, Il maggio francese e l’autunno caldo italiano, Il Mulino 1980
Carlo Ghezzi (a cura), Autunno caldo, quarant’anni dopo, Ediesse 2010
Yo Yo Mundi, Chi ha portato quei fiori per Mara Cagol?, dall'album "Bande Rumorose" (1995)

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