sabato 28 agosto 2010

Di cotti e di crudi


Il creativo chef marchigiano, inventore del “susci”, a metà strada fra la tradizione culinaria giapponese e quella italiana, ci svela le parole chiave delle nuove tendenze gastronomiche: emozioni e leggerezza.

L'Italia ha scoperto da poco quanto sono buoni i sushi, " polpettine" di riso bollito e pesce crudo che si prestano ad una infinità di trasformazioni e combinazioni. Ma chi ha capito l'essenza del capolavoro giapponese fino a elaborare un'autonoma linea di cucina – sushi nell’idea originaria ma tutt'altro nella realizzazione pratica - è Moreno Cedroni titolare a Senigallia della “Madonnina del pescatore” e a Portonovo del “Clandestino”, luoghi d'eccellenza per questo gioiello ripensato.
Il fantasioso chef, inventore del “susci” all’italiana, "delle finte cotture" e di imprevedibili giochi carne-pesce non ha dubbi sulla missione del ristoratore: “al cliente deve regalare emozioni e farlo sentire re per una notte”.
Per bibliotheca culinaria ha pubblicato Susci § Sushi ove presenta trenta delle sue singolari creazioni partendo dalle preparazione completamente crude passando per quelle in infusione con olio aromatizzato, in salatura per giorni, in salatura ed affumicatura, scottate per pochi minuti, marinate in aceto e limone oppure preparate con tecniche miste. L'introduzione di Paolo Marchi traccia l'evoluzione dal sushi al “susci”, partendo dalle antiche radici nipponiche per approdare al bocconcino mediterraneo dello chef marchigiano.
Da qualche anno, lo chef  Cedroni è considerato da critici e clienti una delle novità più interessanti della cucina italiana: creativo ed innovativo cerca, oltre a catturare le nuove tendenze e venire incontro ai gusti e ai desideri dei clienti, cerca di presentare nuovi abbinamenti di piatti e bevande, unendo il mercato a un discorso culturale di contaminazione dei nuovi sapori e delle diverse tradizioni.

Il modo di far ristorazione evolve con i gusti e i cambiamenti culturali e sociali del paese. Se pensa al settore della cucina, potrebbe indicare le novità più importanti di questi ultimi anni?
Il cambiamento culturale maggiore di questo periodo è stato quello di dare una maggiore attenzione all'alimentazione: per esempio quindici anni fa chi andava al ristorante voleva uscirne appesantito, affinché la sua esperienza gastronomica fosse considerata piacevole. Oggi, al contrario, chi esce dal ristorante vuole essere leggero; già da questa semplice chiave di lettura si evidenzia come tutti gli chef abbiano dovuto modificare le loro ricette, la consistenza delle loro salse e i tempi di cottura degli alimenti.

Quale percorso ha sperimentato presentando questa proposta di abbinamento tra sushi e cucina italiana?
Io mi sono trovato al posto giusto nel momento giusto, inserendomi perfettamente in queste necessità, portando avanti il concetto di “susci” che non è una moda ma una necessità alimentare, cioè quella di usufruire di una cucina leggera. Naturalmente questo concetto si è sviluppato prima nel nord Europa, in quanto la loro alimentazione era basata su grassi animali: da noi è arrivata più tardi perché comunque i nostri ingredienti di base sono molto leggeri, finché non vengono mal adoperati.
Nella cucina giapponese sono cotti gli ingredienti ma non il pesce e i piatti proposti hanno una temperatura di servizio generalmente sotto i 10°C d'estate e sotto i 15°C d'inverno, temperatura pertanto non sufficiente a sviluppare aromi. Era necessario dare una forma ben definita ai cibi: da qui inizia l'architettura del piatto.

E’ cambiato il riconoscimento e il ruolo sociale dello chef nel nostro paese?
La figura del cuoco è cresciuta negli ultimi anni, diventando alla pari di quella di un architetto o di un medico; io sono molto contento di questo fatto anche se per diventare un architetto famoso bisogna studiare molto di più.

Se avesse la possibilità di andare indietro nel tempo, tornerebbe a inseguire questa arte?
L'unica cosa che non è cambiata nel mestiere dello chef da vent'anni a questa parte è il tempo che una persona deve dedicare alla cucina.  E’ come una missione, ci si sacrifica molto e il tempo per la famiglia, le amicizie, la casa è molto ridotto.
Solo dopo un po’ si potrà dire se la scelta fatta è risultata giusta oppure no.

Come definirebbe con uno slogan la sua cucina?
Un po' cotta e un po' cruda, un po' al piatto e un po' al cucchiaio.

Quale è il modo di fare ristorazione oggi? Il cliente come vuole vivere il ristorante? E cosa pensa e desidera quando si riferisce al “cibo” e al “mangiare”?
“Vivere il ristorante” è effettivamente una definizione sacrosanta, perché non si parla più di mangiare. Il cibo è arricchito da consistenze, atmosfere ed emozioni che non possono scaturire solamente dal classico “buono/non buono”.
Riguardo il mio pensiero sul cibo, direi che anche io a volte ho bisogno di mangiare per nutrirmi, consumando il pasto in piedi, frettolosamente, per non mangiare troppo, però talvolta ho la necessità di vivere il cibo, quindi ambiente e sensazioni.

La cucina italiana è in fermento e sicuramente alla ricerca di nuovi riferimenti per il futuro. Mi può dire cosa sta accadendo?.
I giovani cuochi hanno più voglia di mettersi in discussione, contaminati da un bombardamento mediatico che parla di ricette e di chef da tutto il mondo . Questo genera una gran voglia di fare e di provare, che naturalmente non sempre va a buon fine, perché a volte manca la giusta maturità.  Quando arriva poi questo momento, ecco che accanto alla voglia di trovare nuovi sapori arriva anche il desiderio di tornare su alcune linee base della nostra tradizione.

© AF, settembre 2005

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