mercoledì 15 settembre 2010

Una fusione fatta in casa


Sergio Focardi, ricercatore dell'Università di Bologna è il protagonista con Francesco Piantelli e Roberto Habel di quella che potrebbe essere la scoperta più importante della storia dell'umanità.

"Siamo ad un punto critico. Se troviamo l'Elio3, il gas prodotto dal processo, abbiamo fatto una cosa eccezionale, per la fisica perché si scopre che la fusione fredda può avvenire, e per l'umanità perché le possibili applicazioni possono cambiare totalmente la realtà che oggi conosciamo" è Sergio Focardi che parla. Docente e ricercatore dell'Università di Bologna, da qualche mese protagonista, con Francesco Piantelli e Roberto Habel, due ricercatori dell'Università di Siena e di Cagliari, di quella che potrebbe essere la scoperta della storia dell'umanità, più importante di tutte le altre scoperte che l'hanno preceduta. "A volte ci preoccupiamo, ci spaventiamo, ci sembra non vera. Uno dei dubbi che ci è spesso venuto è proprio legato al grosso impatto che avrebbe" continua Focardi.
La reazione degli scienziati italiani, anche grazie al prestigio e al credito di fiducia e di serietà di cui godono i ricercatori Focardi, Piantelli ed Habel, è stata positiva e da poche settimane è uscita la presentazione del lavoro scientifico sul "Nuovo Cimento", la rivista ufficiale della società italiana di fisica, che farà il giro del mondo e con essa la notizia della scoperta; si potrà così capire l'atteggiamento della comunità scientifica internazionale e fare un primo bilancio.
Ho incontrato il professor Focardi per ripercorrere alcune tappe dell'avventura e capire di più dell'esperimento realizzato nei laboratori di fisica dell'Università di Siena, della scoperta, dei risultati e delle possibili conseguenze.

Che cos'è la fusione?
"La fusione è un processo nel quale nuclei leggeri, si intende idrogeno, i nuclei della famiglia dell'idrogeno, vengono fusi, aggregati, uniti insieme per costituire nuclei di massa più elevata tipicamente elio, e questo fenomeno avviene normalmente e se vogliamo possiamo dire anche naturalmente nel sole e nelle stelle. E' attraverso questo meccanismo che il sole e le stelle riescono a produrre l'energia che poi viene irradiata nello spazio circostante. Poi ovviamente c'è una strada artificiale, quella sperimentale, che cerca di ottenere lo stesso processo in laboratorio, ma occorrono temperature altissime, dell'ordine di centinaia di milioni di gradi e macchine complicate, in grado di contenere al loro interno questi gas e queste temperature. Il lavoro di ricerca su questo settore va avanti da diversi anni, ma purtroppo la fine non è così prossima. Le ultime notizie parlano di quaranta, cinquanta anni per avere un reattore a fusione, ma quand'anche queste stime saranno rispettate, il problema sarà quello di realizzare un reattore efficace contro la enorme dose di radioattività che il processo sprigiona".


E la fusione fredda?
"La parola fusione fredda vorrebbe dire fusione di nuclei leggeri ottenuta non nelle grandi macchine acceleratrici o nel sole, ma in un ambiente a temperatura comune, a temperatura ambiente o a 100, 200 gradi".

Ci può spiegare l'esperimento realizzato a Siena e quale è il fenomeno ottenuto?
"L'apparato è molto semplice, quasi banale; è venuto fuori dopo lunghe discussioni con Piantelli ed Habel, e sicuramente è stato determinante, un punto vincente ed ha permesso di mettere in evidenza le cose. E' più piccolo di una scatola di scarpe con dentro una spirale di platino, nella quale facciamo passare corrente elettrica. E questo ci serve per scaldare il sistema. Nella zona centrale di questo filo di platino c'è una barretta di nichel o di acciaio, possiamo comunque metterci quello che vogliamo. All'interno della camera realizziamo il vuoto, con delle pompe e immettiamo, aumentando di volta in volta, diversi quantitativi di gas di idrogeno a temperature dell'ordine di 400, 500 gradi e a bassa pressione. Ad un certo punto la temperatura sale di 20, 30 gradi e vi rimane per ore, per giorni, per settimane".

Quale può essere una possibile spiegazione?
"Il fenomeno non è chimico, siamo sicuri, ma da un punto di vista fisico è ancora senza alcuna spiegazione. L'energia che il sistema mette fuori è almeno tremila volte più grande di ogni forma di energia chimica. A questo punto l'unica interpretazione possibile è che ci sia dell'energia che viene fuori dal nichel, che è il pezzo che si scalda, che ci sia quindi una reazione nucleare. Ci siamo preoccupati subito di fare prove di radioattività, ma non c'è alcuna radiazione".

Ci sono garanzie scientifiche sulla riproducibilità dell'esperimento?
"Abbiamo ripetuto più di una volta l'esperimento e il fenomeno è puntualmente ricomparso. Gli altri esperimenti di questo tipo non hanno mai raggiunto questo livello. Noi abbiamo tre grandi vantaggi: la riproducibilità dei dati sperimentali, una grande quantità di energia prodotta a basse temperature (400, 500 gradi centigradi) finora mai raggiunta e assenza di radioattività. Questo panorama ci da fiducia ed ampio margine di speranza".

Possiamo parlare allora di fusione fredda?
"Su questo punto andrei ancora cauto. Possiamo parlare di fusione solo se abbiamo le prove, e finora non le abbiamo, quindi possiamo continuare a dire che nel nostro sistema si rileva "una produzione anomala di calore" che non capiamo cosa sia! Tuttavia sono ottimista".

Dopo il primo annuncio del 1989, di un esperimento sulla fusione fredda, quanto ha investito l'Italia nella gara per la sua scoperta?
"Direi che ha investito abbastanza. Le cifre date dal Presidente dell'istituto nazionale di fisica nucleare parlano di 300 milioni nell'ultimo anno, che non sono, però andati nel nostro esperimento. Il nostro esperimento ce lo siamo trovati gratis".

L'esperimento di Siena sicuramente rilancerà la corsa alla scoperta della fusione fredda. Secondo lei quanto la competizione fra gruppi diversi in città diverse, favorisce la ricerca?
La competizione serve se si raggiungono risultati, purtroppo per questo problema grandi risultati non erano ancora venuti fuori. Sicuramente le attività di ricerca su  questo obiettivo, nel giro di due o tre anni, sarebbero morte senza risultati di un certo rilievo come il nostro; anche se ancora si potrebbe dimostrare una scoperta non vera.

Quale è lo stato della ricerca scientifica in Italia e per la fisica in particolare?
Sicuramente la ricerca sui problemi della fisica gode in generale di ottime condizioni. L'Italia, in tanti settori di questa disciplina scientifica e in quello del nucleare in particolare è sicuramente uno dei Paesi di punta nel mondo e questo è dovuto sicuramente alla grande tradizione di impegno su questi temi iniziata con i ragazzi di via Panisperna a Roma, con la scuola di Enrico Fermi.

Come giudica il rapporto tra mondo economico e ricerca in Italia?
Non lo giudico positivamente, secondo me è un rapporto che non ha mai funzionato e le responsabilità sono degli uni e degli altri. Di solito il mondo industriale pretende di avere un oggetto subito, consegnato entro certe scadenze, il mondo universitario viceversa è molto più astratto ed attento ai principi generali più che alle applicazioni; ma questo giustamente perché non può l'Università diventare una bottega di applicazioni ed allora trovare l'equilibrio  tra queste due linee è molto difficile. Quindi per poter realizzare una maggiore collaborazione il ricercatore dovrebbe rinunciare ad un po’ di ricerca astratta e diventare più concreto e l'industria diventare più astratta.

Quale domani semmai si riuscisse a trovare applicazione pratica al fenomeno della "produzione anomala di calore"? Possiamo ipotizzare possibili cambiamenti?
Se è fusione, premettiamo un se, se è fusione e se si può aumentare l'energia prodotta dal sistema, cosa che noi riteniamo possibile in questo momento, anche se occorre provarlo, potrebbe cambiare il mondo. Questa forma di energia è pulita e sarebbe quindi eliminato il problema delle scorie radioattive.
Potremmo avere una sorgente illimitata di energia perché ci sono quantità immense di idrogeno, basti pensare all'acqua degli oceani. Quindi energia in gran quantità, senza alcun tipo di inquinamento ed applicabile in tutti i settori e per le diverse esigenze: al trasporto, al riscaldamento, alle macchine per la produzione industriale e così via. Il mondo allora potrebbe cambiare completamente faccia. Si potrebbero risolvere ad esempio due grossi problemi del mondo contemporaneo: uno è quello a cui già accennavamo dell'inquinamento nei nostri Paesi, l'altro è il pericolo della catastrofe ambientale legato alle esigenze energetiche per la crescita e lo sviluppo economico del Terzo Mondo. Ci sarebbero le possibilità di sviluppo per i Paesi che oggi per ragioni energetiche non ne hanno.

Quindi anche conseguenze grandissime nella vita sociale e nella vita civile?
Credo ci sarebbe un grande salto nella qualità della vita anche se dobbiamo stare attenti ad altri problemi che nasceranno. Affrancheremo l'uomo dalle fatiche perché il sistema offrirà da mangiare, da vestire, l'essenziale per tutti, ma creeremo una umanità disoccupata, nel senso che non ci sarà l'impegno lavorativo, sostituito completamente dalle macchine, non si saprà cosa fare.
Se ci sono le macchine che lavorano e c'è l'energia per farle andare, il prodotto si può distribuire alla gente. E' chiaro che ora si va nella fantascienza, anche se in fondo non siamo lontani da una situazione del genere che è una ipotesi sconvolgente. Dopo la gente che cosa fa?

Quindi questa è l'unica critica, l'unico punto interrogativo. Poi cosa faranno gli uomini?
Uno può studiare, può leggere, ma quanti sono in grado di farlo? In questi ultimi anni, come società, ci siamo mossi per elevare il livello culturale delle persone e questo è un fatto importantissimo. Se uno è capace di pensare, di ragionare non sarà mai solo, avrà nel libro un compagno, un amico, avrà sempre qualcosa da fare.

Alla fine dobbiamo investire di più nella scienza, nella ricerca se vogliamo un futuro migliore?
Credo che occorra investire nella scienza, nella ricerca, comunque. In fondo tanti di noi ricercatori di fisica discendono da allievi di allievi di Fermi, da investimenti nell'Università che il Paese ad un certo punto ha fatto, che persone illuminate hanno fatto. Nessuno poteva prevedere investendo allora che un giorno o l'altro qualcuno appartenente a quella scuola sarebbe arrivato ad un risultato del genere. Una Università efficiente e capace di risolvere i problemi avanzati è una ricchezza per un Paese. Quindi secondo me gli investimenti nella ricerca sono comunque una operazione intelligente. Investimenti in uomini ed attrezzature, ma soprattutto in uomini perché per comprare una attrezzatura basta poco, per formare un buon ricercatore occorrono 30, 40 anni.

© AF, aprile 1994

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