sabato 5 febbraio 2011

Caccia al Bosone di Higgs


Esiste il bosone di Higgs? Come è composta la “materia oscura” dell’universo? Con ATLAS, il più importante degli esperimenti intrapresi nell’acceleratore di particelle LHC del CERN di Ginevra, tremila scienziati stanno cercando le risposte alle domande ancora aperte della fisica fondamentale.

È un viaggio che condurrà l’uomo e la ricerca scientifica a capire l’origine del cosmo e cosa avvenne negli istanti successivi al Big Bang − dopo il quale si produsse l’universo così come noi lo conosciamo − quello intrapreso nell’acceleratore di particelle elementari più potente che sia mai stato costruito, il Large Hadron Collider (LHC) del CERN di Ginevra. A guidare circa tremila scienziati di tutto il mondo nell’esperimento più importante, denominato ATLAS, è Fabiola Gianotti, fisica e ricercatrice milanese.
ATLAS è uno dei progetti scientifici più ambiziosi e complessi di tutti i tempi. Questo esperimento studia i prodotti delle collisioni ad altissima energia tra fasci di protoni che circolano a velocità prossime a quelle della luce nell’acceleratore LHC del CERN. Lo studio di queste collisioni dovrebbe permettere di spiegare misteri tuttora non risolti, quali la composizione della materia oscura dell’universo, l’esistenza o meno del famoso bosone di Higgs (anche detta “particella di Dio”, perché portatrice di forza del campo di Higgs, che si ritiene permei l’universo e dia massa a tutte le altre particelle oggi conosciute), la struttura dell’universo primordiale un decimo di miliardesimo di secondo dopo il Big Bang, la possibile esistenza di nuove forze e nuove (microscopiche) dimensioni spaziali.
Il rivelatore ATLAS è installato in un’enorme caverna sotterranea presso il laboratorio del CERN di Ginevra. È lungo 45 metri, alto quanto un edificio di cinque piani e pesa un po’ meno della torre Eiffel. È costituito di componenti di altissima tecnologia, realizzati da circa tremila scienziati di tutto il mondo. L’Italia ha dato e continua a fornire contributi di altissima qualità scientifica e tecnologica attraverso l’Istituto nazionale di Fisica nucleare (INFN).
Circa duecento fisici italiani vi sono attualmente impegnati.
Fabiola Gianotti, dopo aver conseguito il dottorato di ricerca in Fisica all’Università di Milano, ha ottenuto un posto di fisico di ricerca al CERN di Ginevra, il più importante laboratorio al mondo per la Fisica delle particelle. Nel marzo del 2009 è stata insignita del titolo di “Commendatore della Repubblica” per meriti scientifici dal presidente Giorgio Napolitano. Ha fatto parte di numerosi comitati scientifici internazionali, in Europa e negli Stati Uniti (ad esempio è membro del  Consiglio scientifico del CNRS in Francia in veste di personalità straniera).
È con lei che provo a fare il punto di un esperimento che, per il mondo e la conoscenza scientifica, potrebbe avere conseguenze di portata inimmaginabile.

L’esperimento del CERN può essere l’inizio di nuove e sorprendenti scoperte scientifiche. Quali sono le sfide più importanti oggetto del Large Hadron Collider?
L’LHC ci permetterà di esplorare un nuovo regime di energia, e quindi di affrontare questioni ancora aperte e misteri non risolti sulle particelle elementari e le loro interazioni. Studi e scoperte in questo campo ci daranno indicazioni molto importanti anche sulla struttura ed evoluzione dell’universo. Da sempre lo studio dell’“infinitamente piccolo” (le particelle elementari) ci ha permesso di migliorare la nostra conoscenza dell’“infinitamente grande” (l’universo).
Molte sfide sono già state affrontate e vinte. Infatti, per realizzare obiettivi scientifici così ambiziosi, abbiamo dovuto costruire un acceleratore (appunto l’LHC) e quattro esperimenti (tra cui ATLAS) all’avanguardia tecnologica in molti campi, dall’elettronica alle tecniche di vuoto, dalla criogenia al trattamento e distribuzione di quantità di dati senza precedenti. E le tecnologie sviluppate nell’ambito del progetto LHC hanno già avuto ricadute importanti sull’industria e fornito applicazioni in numerosi campi (ad esempio quello medico, con lo sviluppo di nuovi strumenti per la diagnostica e il trattamento dei tumori).

La scoperta del bosone di Higgs sarebbe la conferma inequivocabile della teoria del Modello standard della fisica delle particelle elementari. Cosa significherebbe per il cammino di comprensione del mondo fisico?
La scoperta del bosone di Higgs o, se il bosone di Higgs non esiste, di un altro meccanismo che svolge la sua funzione, avrebbe un’importanza fondamentale in quanto ci permetterebbe di capire l’origine delle masse delle particelle elementari.
Questa domanda, che può apparire astratta e di scarso interesse per la vita di tutti i giorni, è in effetti alla base della fisica fondamentale. Se l’elettrone non avesse la massa che ha, gli atomi non avrebbero le dimensioni che hanno, e quindi le dimensioni delle cose sarebbero diverse. Se i costituenti elementari dei protoni e neutroni (i cosiddetti “quark”) non avessero le masse che hanno, il protone potrebbe decadere e gli elementi che conosciamo non esisterebbero. Quindi noi siamo quello che siamo perché le particelle elementari hanno esattamente le masse che hanno. Il problema è che nel Modello Standard, senza bosone di Higgs i conti non tornano, perché le particelle elementari hanno massa nulla. È solo grazie all’interazione con il cosiddetto “campo di Higgs” che possono acquistare massa. Quindi il bosone di Higgs è la chiave del mistero.

C’è ancora molto da fare. Il Modello standard non è in grado di spiegare perché l’universo è fatto di materia e non di antimateria e che cos’è la materia oscura. A che punto siamo con la ricerca in questo campo? Ci potrà essere, anche su questi problemi, un contributo dall’esperimento di Ginevra?
Nonostante si siano fatti grandi progressi in questo campo recentemente, i misteri dell’asimmetria fra materia e antimateria e della materia oscura rimangono a oggi non risolti. L’LHC dovrebbe dare contributi significativi alla comprensione di tali questioni, e forse addirittura rispondere in modo completo e soddisfacente a queste domande. Ad esempio, se le cosiddette teorie Supersimmetriche sono vere, dovremmo essere in grado di produrre e osservare all’LHC la particella che costituisce la materia oscura dell’universo.

E cioè? Che cosa si intende per “materia oscura” o invisibile dell’universo?
Oggi sappiamo con certezza che solo il 5% dell’universo è costituito della materia che conosciamo, cioè gli atomi degli elementi di cui noi stessi siamo fatti (idrogeno, carbonio, ferro, ecc.). Il resto è fatto di forme non note di energia e di materia, chiamate “energia oscura” e “materia oscura”. La materia oscura costituisce circa il 25% dell’universo. È così chiamata perché non è visibile con i nostri strumenti, e quindi deve essere composta di una nuova forma di materia. Sappiamo che esiste da varie osservazioni, e da misure effettuate da missioni spaziali (ad esempio della NASA), che negli ultimi anni hanno raggiunto grandi precisioni. Ad esempio, il moto delle galassie (in particolare le galassie a spirale), che è governato dalle leggi gravitazionali, non può essere spiegato solo con quel 5% di materia che vediamo a conosciamo. Sulla base di queste e altre misure, e di teorie cosmologiche, oggi sappiamo che nessuna delle particelle del Modello Standard ha le caratteristiche giuste per essere la particella che costituisce la materia oscura. Quindi deve esistere una particella nuova, non osservata finora, e devono esistere teorie più complesse e complete del Modello Standard. Una di queste teorie è la Supersimmetria, che prevede l’esistenza di una particella, chiamata “neutralino”, che ha tutte le caratteristiche richieste per essere il costituente della materia oscura. Un aspetto affascinante è che il neutralino dovrebbe essere abbastanza leggero per essere prodotto nelle collisioni fra i fasci di protoni dell’LHC. Di qui le grandi attese ed emozioni per quello che l’LHC potrebbe scoprire nei prossimi anni (o forse anche mesi).

Ma se l’esperimento dell’LHC confermasse, attraverso la scoperta di nuove particelle o nuovi fenomeni fisici, l’ipotesi della Supersimmetria, quali scenari si aprirebbero?
La scoperta che il mondo è “supersimmetrico” sarebbe un trionfo per la ricerca fondamentale. La Supersimmetria è una teoria che prevede l’esistenza di un mondo speculare, dove ciascuna particella elementare ha un cosiddetto “partner supersimmetrico”. Le particelle supersimmetriche non sono ancora state osservate sperimentalmente, il che significa o che non esistono, oppure che sono troppo pesanti per essere prodotte agli acceleratori che hanno operato finora. Tuttavia l’LHC dovrebbe avere energia sufficiente per produrle. Si tratta di una teoria più completa del Modello Standard, che permetterebbe di realizzare l’unificazione delle forze e spiegare la composizione della materia oscura E sarebbe davvero una grande emozione produrre in un tunnel sotterraneo nella campagna fra la Svizzera e la Francia la particella che spiega il 25% della composizione dell’universo.

La gravità rimane inafferrabile e non riconducibile all’interno di un modello unificante delle forze dell’universo. Quali sorprese può riservarci questo mistero?
C’è molto da fare ancora per capire il mistero della gravità e come sia possibile riconciliarla con le altre forze fondamentali. La Teoria delle stringhe ci ha provato. Ma è una teoria difficile da verificare sperimentalmente, perché le sue previsioni si manifestano a energie non raggiungibili dagli acceleratori attuali. Tuttavia la Supersimmetria, e l’esistenza di dimensioni spaziali (microscopiche) addizionali (oltre alle tre che conosciamo), sono ingredienti fondamentali della Teoria delle stringhe. Quindi la scoperta di questi fenomeni (Supersimmetria e dimensioni supplementari) all’LHC darebbero indicazioni importanti sulla validità della Teoria delle stringhe.

Nuove scoperte e importanti conferme sperimentali mettono continuamente in discussione l’attuale comprensione scientifica del mondo e dei fenomeni fisici che lo determinano. Sarà veramente possibile una teoria del tutto, capace di spiegare in un modello unico e definitivo le forze fondamentali dell’universo?
L’idea di una teoria del tutto è molto affascinante, e se dovessi scommettere sulla sua esistenza non esiterei a farlo a favore. Essa nasce dal desiderio dell’uomo di spiegare l’apparente diversità delle cose in modo coerente e con (poche) leggi di base unificanti. Nasce dalla semplicità, eleganza e razionalità della natura. Nasce dal fatto che l’origine delle forze fondamentali (eccetto forse la gravità) può essere dedotta da alcuni principi comuni relativamente semplici verificati sperimentalmente. Nasce da alcune osservazioni sperimentali, ad esempio le forti indicazioni che le forze fondamentali si “unificano” (cioè tendono ad avere simile intensità) ad alte energie, e la scoperta che i neutrini hanno massa. Tuttavia riuscire a sviluppare questa teoria, e raccogliere evidenze sperimentali, è una sfida difficilissima, e la più elevata delle nostre ambizioni. Siamo ancora lontani, ma forse l’LHC con le sue scoperte potrebbe permetterci di fare qualche passettino in avanti in questa direzione.

Ma allora il lungo viaggio della scienza è alla fine? O così come è accaduto nei secoli precedenti − con le scoperte della relatività speciale o generale o della meccanica quantistica − anche quello in corso sarà un secolo pieno di sorprese e di eccezionali scoperte, capaci di superare anche la più vivace delle fantasie fantascientifiche?
Rimane ancora moltissimo da capire ed esplorare, nonostante i progressi enormi del secolo scorso in fisica teorica e sperimentale. L’LHC ci permetterà di fare passi avanti importantissimi. Tuttavia sono sicura che solleverà anche nuove questioni e indicherà nuovi cammini da percorrere. Si chiuderanno alcune porte ma se ne apriranno altre. La ricerca non avrà mai fine, e sono convinta che la scienza ci riserva ancora sorprese grandissime e affascinanti. Infatti, come diceva Isaac Newton, “What we know is a droplet, what we don’t know is an Ocean” (“Quello che conosciamo è una gocciolina, quello che non conosciamo è un Oceano”).

Si ha anche l’impressione che da qualche decennio gli scienziati non si chiedano più soltanto “in che modo opera la natura”, ma anche “perché la natura opera proprio in quel modo ed è come è”. Cosa sta succedendo, si sta abbandonando il campo della fisica e della scienza e si sta entrando in quello della speculazione filosofica?
Esistono legami molto forti fra scienza e filosofia, perché queste due discipline si pongono domande simili. Tant’è vero che i primi scienziati sono stati i grandi filosofi del passato, da Pitagora a Democrito. La differenza però è che la scienza si basa su fatti, osservazioni e misure e non su speculazioni. Le domande possono essere simili, ma il modo di affrontarle e di trarre conclusioni è diverso.

Sono trascorsi secoli di riflessioni e di scontri intellettuali sul tema del rapporto tra scienza e religione. Oggi qual è l’orientamento − a suo avviso − delle relazioni tra queste diverse modalità di comprensione del mondo e dell’universo? E quale proficuo, sano e corretto rapporto si deve stabilire tra fede e ragione?
La scienza è conoscenza, e come tale deve andare avanti. È un diritto e dovere dell’uomo in quanto essere intelligente. Non si può impedire questo cammino, perché corrisponderebbe a rinnegare la natura stessa dell’uomo. Si può semmai discutere sulle applicazioni, a volte fuorvianti e aberranti, delle conoscenze che l’uomo ha acquisito. Ma questo non è un buon motivo per fermare il progresso della conoscenza. D’altra parte la scienza non ci permetterà mai di dimostrare l’esistenza o meno di Dio. Quest’ultimo ambito appartiene alla religione e alla fede. A mio avviso non ci sono contraddizioni: scienza e religione, ragione e fede, appartengono a due sfere differenti.

© AF, dicembre 2010

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