sabato 29 dicembre 2018

Albert Einstein filosofo della scienza

Albert Einstein è scolpito nell’immaginario collettivo  come l’icona dello scienziato immortale, ma è stato altresì un profondo filosofo della scienza, dai più ancora ignorato e poco esplorato. Nella sua molteplice produzione scientifica è costante l’urgenza della riflessione sulle questioni di metodologia, di storia e di filosofia della scienza a fondamento di un serio e completo percorso scientifico.

Nel 1944 in una lettera a Robert Thornton - un giovane fisico (poi diventerà il primo rettore afro-americano di una università negli USA) alle prese con la preparazione del suo primo corso di fisica da docente - scriveva in modo esplicito: “Una conoscenza dello sfondo storico e filosofico fornisce proprio quella indipendenza dai pregiudizi della propria generazione dai quali la maggior parte degli scienziati sono afflitti. Questa indipendenza determinata dall’analisi filosofica è, a mio giudizio, il segno di distinzione tra un semplice artigiano o uno specialista e un autentico cercatore di verità”. “L’epistemologia e la scienza – diceva Einstein in altre occasioni – sono in rapporto di dipendenza reciproca. La scienza senza epistemologia è – se pure è pensabile – primitiva e confusa”. I suoi studi e le sue ricerche filosofiche risalgono, tuttavia, sin dalla sua giovane età e si sviluppano parallelamente alla scoperta della vocazione per la fisica e al periodo più fecondo della sua attività scientifica.

Tra il 1902 e il 1904 (appena laureato al politecnico di Zurigo e momentaneamente impiegato all’ufficio brevetti di Berna) diede vita “all’Akademie Olympia”, il nome scherzoso con il quale, Einstein e due amici Maurice Solovine e Conrad Habicht, chiamavano i loro incontri periodici. Durante questi meeting, in un clima conviviale, leggevano e discutevano di temi di filosofia e di scienza. Tra gli autori che commentavano vi erano Hume, Mach, Spinoza, Kant, Mill, Galileo, Newton, Riemann, Poincarè. In occasione del suo settantesimo anno di età gli fu commissionato uno scritto che ripercorresse le tappe fondanti del suo straordinario itinerario intellettuale (Autobiografia scientifica). Nel precisare il cammino di ricerca che lo aveva portato alla scoperta della teoria della relatività speciale Einstein scrive: “Il tipo di ragionamento critico necessario per la scoperta di questo punto essenziale (ossia che il principio del carattere assoluto del tempo, affermato dalla meccanica di Newton è un’assunzione arbitraria), mi fu reso enormemente più facile dalla lettura degli scritti filosofici di Davide Hume e di Ernst Mach”. Einstein confermava ancora una volta il valore dell’influenza della filosofia e dell’importanza delle riflessioni epistemologiche sulla sua opera scientifica. Nei primi due decenni del ‘900, in occasione della pubblicazione sulla rivista Annalen der Physik dell’articolo sull’Elettrodinamica dei corpi in movimento, che contiene la prima formulazione della teoria della relatività speciale, si sviluppa un ampio dibattito tra Einstein e i filosofi della scienza dell’epoca sulla natura e le implicazioni della teoria stessa.

Il problema epistemologico cruciale affrontato da Albert Einstein – sia implicitamente nel suo procedere da scienziato che esplicitamente in diversi saggi filosofici - è la relazione complessa e non univoca tra teoria ed esperienza e lo statuto conoscitivo delle teorie fisiche. La fisica si fonda sulla verifica imprescindibile dell’esperimento, e qualora anche se, un solo risultato sperimentale non si accordasse con la previsione della teoria, essa ne risulterebbe falsificata e quindi da considerarsi inesatta o quantomeno incompleta. “Una teoria fisica – scrive Einstein - nasce dalla costituzione di un principio fondamentale ipotetico o di più principi, con i quali comprendere l’essenziale di un grosso complesso di fatti e di dati sperimentali. Dai principi lo scienziato deduce, in via puramente logico-deduttiva, le conseguenze nella maniera più completa possibile. Le deduzioni vengono poste a confronto, per un riscontro, con le esperienze e i fatti sperimentali e forniscono altresì un criterio per la giustificazione dei principi fondamentali ammessi”. Tali principi e le conseguenze definiscono quella che si chiama una teoria fisica. Lo sviluppo della teoria è formulato con linguaggio rigorosamente matematico. “Il ricercatore parte sempre dai fatti - scrive Albert Einstein – il cui nesso costituisce lo scopo dei suoi sforzi. Ma egli non perviene al suo sistema teorico per via metodica, induttiva, egli piuttosto, si avvicina ai fatti tramite una scelta intuitiva tra teorie pensabili, basate su assiomi.” La verità di una teoria fisica rimane indimostrabile poiché, un domani, potrebbe esserci un esperimento che contraddica le sue conseguenze, e perché “sono sempre pensabili altri sistemi teorici che sono in grado di connettere i medesimi dati sperimentali”. “Se sono a disposizione due teorie entrambi compatibili con il materiale fattuale dato - scrive ancora Einstein – allora non esiste alcun criterio per preferire l’una o l’altra che lo sguardo intuitivo del ricercatore”

Tutto questo rimanda al profondo mistero e al “miracolo” della comprensibilità della natura che affascina ogni mente umana colta. Einstein in una lettera del 1952 all’amico  Solovine scrive: “Ciò che ci dovremmo aspettare, a priori, è proprio un mondo caotico del tutto inaccessibile al pensiero. Ci si dovrebbe aspettare che il mondo sia governato da leggi soltanto nella misura in cui interveniamo con la nostra intelligenza ordinatrice, un ordine simile a quello alfabetico, del dizionario. Ma il tipo di ordine creato ad esempio dalla teoria della gravitazione di Newton ha tutt’altro carattere. Anche se gli assiomi (i principi) della teoria sono imposti dall’uomo, il successo di una tale costruzione presuppone un alto grado d’ordine del mondo oggettivo, e cioè un qualcosa che, a priori, non si è per nulla autorizzati ad attendersi. E’ questo il “miracolo” che sempre più si rafforza con lo sviluppo delle nostre conoscenze”.

L’idea di una teoria unificata dei fenomeni gravitazionali ed elettromagnetici – ossia una descrizione fisico-matematica attraverso pochi principi generali e poche leggi fondamentali - lo impegnò fino ai suoi ultimi istanti di vita, anche se non riuscì a raggiungere un risultato definitivo. La meccanica quantistica fu l’altro costante interesse scientifico di Albert Einstein. Nonostante avesse dato un contributo iniziale fondamentale a questo nuovo campo di ricerca, attraverso l’ipotesi del quanto di luce, una sorta di “particella” di luce (il fotone), non accettò mai l’idea che la teoria quantistica potesse essere una descrizione fisica completa dei fenomeni atomici della materia. Non accettò mai l’idea di una “fantomatica ed istantanea” interazione e correlazione a distanza tra i sistemi fisici (il fenomeno così detto dell’entanglement), non rinunciò mai alla ferma credenza nel principio della causalità fisica, non poté mai assumere che “la realtà fisica” potesse esistere solo in relazione con un osservatore esterno. "Veramente lei è convinto che la luna esiste solo se la si guarda?" così Einstein, in modo diretto e semplice, si espresse durante una discussione con Abraham Pais, fisico all’Università di Princeton e suo biografo.

I dubbi comunque lo interrogavano di continuo. In una lettera del 1949 all’amico Solovine scriveva: “Lei immagina che io guardi con serena soddisfazione all’opera della mia vita. Vista da vicino, però, la realtà è ben diversa. Non c’è una sola idea di cui io sia convinto che sia destinata a durare, e neppure sono sicuro di essere sulla buona strada. Eretico per alcuni e reazionario per altri; uno che, per così dire è sopravvissuto a se stesso; ecco come sono visto dai miei contemporanei. Sarà certo una questione di mode e di angustia di orizzonti, ma la sensazione del fallimento mi viene da dentro. Né potrebbe essere altrimenti, per chi abbia un briciolo di spirito critico e di onestà intellettuale, e quel tanto di ironia e di modestia che ti consentono un giudizio equilibrato e libero da influenze esterne”.

La coerenza e la forza del suo programma di ricerca, la fiducia nel processo creativo dello scienziato fatto prevalentemente di intuito e di esperienza e soprattutto la fede nella semplicità e nella razionalità della Natura non potevano mettere in crisi il credo filosofico e scientifico di Einstein, nonostante lo straordinario e sorprendente accordo tra la descrizione quantistica dei fenomeni atomici del mondo naturale e i dati degli esperimenti. I risultati scientifici ad oggi raggiunti e le conferme sperimentali delle teorie di Albert Einstein, realizzate anche a distanza di cento anni (la scoperta delle onde gravitazionali è avvenuta nel 2016), fanno pensare, altresì, che le sue molteplici intuizioni fisiche, e filosofiche sono certamente una strada da considerare imprescindibile per il progresso scientifico ed epistemologico anche negli anni a venire.

bibliografia essenziale

Albert Einstein, Autobiografia scientifica, Boringhieri, 1997  

Abraham Pais, Sottile è il Signore …, Boringhieri, 1986

Albert Einstein, Opere scelte (a cura di Enrico Bellone), Boringhieri, 1988

 

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