sabato 20 ottobre 2012

Perché il mondo è matematico?


Perché il mondo è matematico? Come spiegare la magia della "irragionevole" corrispondenza tra le matematiche e il mondo reale, cioè della simmetria tra i prodotti della mente umana e la reale essenza del mondo? Come contestare la sorprendente armonia tra i risultati conseguiti  con la ricerca matematica pura e i comportamenti del mondo fisico?


Uno dei più grandi misteri dell'Universo è il fatto che non sia un mistero. Siamo in grado di intuirne l'origine e prevederne il suo funzionamento. Uno degli aspetti più sorprendenti del mondo è il fatto che le sue leggi fondamentali sembrano semplici, mentre l'enorme varietà di stati e situazioni che esso manifesta è straordinariamente complicata.
Il motivo per cui siamo così bravi a sciogliere l'enigma dell'Universo è che abbiamo scoperto la lingua nella quale il Libro della Natura sembra essere scritto. Questo linguaggio come ha ampiamente sostenuto Galileo Galilei è quello della "matematica". In ogni aspetto del mondo naturale che abbiamo preso in considerazione, abbiamo visto che il linguaggio della matematica si adatta meravigliosamente alla natura del mondo e al suo funzionamento. Non è stato scoperto nessun fenomeno fisico, chimico, biologico, ecc... che sfugga al suo potere descrittivo.
Uno scienziato da tutto ciò talmente per scontato che raramente si sofferma a riflettere sul perché. Perché funziona la matematica? Perché descrive in maniera così accurata, completa ed universale il mondo?
Alla scienza è capitato più di una volta verificare come un'astrusa formula matematica, inventata centinaia di anni prima, si sia rivelata in grado di descrivere esattamente le più diverse e recenti scoperte nei campi  della struttura delle particelle elementari o delle stelle o delle galassie.
L'utilità della matematica è un tratto caratterizzante dell'indagine scientifica del mondo, anzi si identifica con essa. Ormai le descrizioni scientifiche del mondo non sono niente di più e niente di meno che descrizioni matematiche. Mentre le indagini si allontanano sempre più dall'ambito dell'esperienza umana diretta, si scopre che le descrizioni matematiche che ci servono diventano sempre più astratte ma anche più precise, più astruse ma anche più accurate. Se osserviamo più da vicino il rapporto tra la matematica e la fisica scopriamo che si tratta di un rapporto di simbiosi.

Esistono esempi sorprendenti di come alcuni studiosi abbiano scoperto intricate strutture matematiche senza prendere minimamente in considerazione la possibilità di applicarle  praticamente nell'ambito delle altre scienze, per poi notare che le loro creazioni o scoperte corrispondevano esattamente  a quello che serviva per spiegare qualche strano fenomeno che si verificava nel mondo, e in seguito, a predirne di nuovi. A Keplero sarebbero mancati gli strumenti matematici indispensabili per la teoria dei moti planetari che egli formulò nel 1609, se non avesse avuto a disposizione il trattato sulle coniche (che enuncia tutte le proprietà geometriche ed algebriche delle ellissi, delle parabole e delle iperboli) di Apollonio di Perge, che visse tra il 262 e il 200 a.C.
L'elaborazione della geometria non euclidea come ramo della matematica pura, compiuta da Riemann nel diciannovesimo secolo e lo studio degli enti matematici chiamati tensori furono un vero dono del cielo per la fisica del ventesimo secolo. Questo esoterico apparato matematico risultò esattamente ciò di cui Einstein aveva bisogno per formulare la teoria della relatività generale: la geometria non euclidea descriveva la distorsione dello spazio e del tempo in presenza di massa-energia, mentre le proprietà dei tensori garantivano che qualsiasi legge di natura formulata in linguaggio tensoriale avrebbe automaticamente conservato la medesima forma qualunque fosse lo stato di moto dell'osservatore.

Ci sono casi in cui inoltre, il desiderio di far progredire la comprensione del mondo fisico ha portato alla creazione di nuovi concetti matematici, che in seguito gli specialisti hanno approfondito a prescindere da tali applicazioni. La riflessione sul moto continuo da parte di Newton e di Leibniz, unitamente al loro desiderio di dare un significato preciso alla nozione di velocità istantanea di variazione di una grandezza, condussero alla creazione del calcolo infinitesimale. Nel ventesimo secolo, la considerazione di forze impulsive portò all'invenzione di entità matematiche di nuovo tipo chiamate "funzioni generalizzate" o "distribuzioni": queste furono usate nel modo più efficace da Paul Dirac nella sua formulazione della meccanica quantistica; in seguito assiomatizzate e generalizzate, diventarono un capitolo della matematica pura.

Perché allora, il linguaggio e i contenuti della matematica continuano ad avere una potente influenza sulla sulle nostre idee riguardo la struttura della Natura? La matematica è un importante strumento di calcolo e un comodo linguaggio o è molto più di questo?
"L'enorme utilità della matematica nelle scienze naturali è qualcosa che sconfina con il mistero e non ci sono spiegazioni razionali a questo fatto" affermò in un articolo il fisico Eugene Wigner, quasi con timore.
Molti scienziati e filosofi considerano la matematica come la scoperta di qualcosa che ha una esistenza indipendente, ossia i matematici non inventano le loro strutture, ma le scoprono. Questa scuola di pensiero chiamata platonismo, ha una lunga storia all'interno della disciplina e molti dei più grandi matematici erano e ne sono seguaci. Alcuni di loro hanno trovato nel platonismo una grande ispirazione per il loro lavoro. Quando un matematico arriva a un'intuizione a lungo cercata, scopre un nuovo pezzo di conoscenza sull'universo, un universo non certamente del mondo esterno dei sensi, ma del regno platonico delle idee e delle verità durature. In quest'ottica il lavoro dei matematici è quasi analogo a quello dei fisici sperimentali, ad eccezione del fatto che il suo campo di azione non è la Natura, ma il mondo immutabile delle idee. "Io credo - scrisse il matematico Hardy, in Apologia di un matematico - che la realtà matematica si trovi al di fuori di noi, che la nostra funzione sia quella di scoprirla e osservarla e che i teoremi che dimostriamo e che descriviamo in modo enfatico come nostre creazioni sono semplicemente le annotazioni delle nostre osservazioni".

Un'altra risposta viene data dai matematici intuizionisti, i quali considerano ciò che fanno come invenzioni della mente umana e, in quanto tali, risultato dell'evoluzione biologica. Per i seguaci di questa scuola il problema della corrispondenza delle idee della matematica nella spiegazione del mondo reale non si pone nemmeno. Se la matematica è un prodotto del nostro cervello, per come si è sviluppato nell'evoluzione, allora ci si può aspettare che quel cervello - e quindi anche la matematica - sia automaticamente adatto alle necessità del suo ambiente, cioè della Natura.
Freeman Dyson, in Mathematics in the physical sciences, è arrivato molto vicino alla comprensione del mistero della "irragionevole efficacia della matematica" quando dice: "un fisico costruisce le teorie con i materiali della matematica, perché la matematica gli consente di immaginare più di quanto possa chiaramente pensare. [...] Nel processo di costruzione della teoria, l'intuizione matematica è indispensabile per evitare il pensiero superfluo e dare libertà all'immaginazione".

La ragione per cui i risultati e le idee della matematica risultano così utili e potenti per la scienza, come in effetti accade, alla fin fine non sia poi così misteriosa. La risoluzione dell'enigma della Natura richiede tutta la forza intellettuale che il genere umano possa raccogliere e possibilmente anche di più. Occorre valorizzare tutti quegli strumenti a disposizione, e di gran lunga il più potente è la matematica. Non è vero che il linguaggio della Natura è la matematica - come pensava Galileo - e nemmeno che siamo costretti a imparare ogni regola sconosciuta e l'uso di quella lingua per comprenderla, ma la matematica è davvero il nostro strumento più efficace ed incisivo per la comprensione razionale delle relazioni tra gli oggetti del mondo fisico. Se i matematici hanno già costruito con grande ingegnosità strutture elaborate, se hanno inventato concetti appropriati, allora gli scienziati sono solo troppo felici di far uso di questo meraviglioso risparmio di operazioni mentali. Se non c'è una matematica adatta, gli scienziati costruiranno da soli queste strutture, o almeno le loro impalcature e lasceranno l'aggiunta dei dettagli ai matematici. La matematica è quindi, un insieme immensamente efficace di scorciatoie mentali.
La matematica non è impressa nella struttura della realtà, ma è richiesto l'aiuto del suo potere per penetrare e descrivere quella realtà.
E' questa una risposta definitiva all'enigmatica domanda del perché quasi tutte le strutture matematiche, anche quelle costruite puramente per la loro ammirevole architettura, possano risultare strumenti eventualmente utili per la fisica? Qualcuno è tentato ancora ad attribuire questa utilità, così come fece Albert Einstein, a una leibniziana "armonia prestabilita" tra i nostri prodotti mentali e la Natura. L'enigma rimane. 


ottobre 1999

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