mercoledì 21 gennaio 2009

Attori come gli altri



L’urgenza di raccontarsi, la necessità di parlare, di comunicare con l'altro. Il teatro come strumento per dare dignità e voce alla propria espressività, nonostante una società che tende ad isolare dal proprio circuito e dalla propria produzione culturale il disabile, il diverso. La differenza, la diversità capace di diventare occasione e momento di espressività artistica, riscatto professionale e sociale.

E' questa la filosofia di fondo che ha reso possibile quel miracolo artistico che è l'Oiseau Mouche e che da ossigeno e vita a questa compagnia teatrale francese.

L'Oiseau Mouche è una compagnia teatrale unica in Europa. E' un gruppo formato da giovani attori, ragazzi e ragazze con handicap mentale, che seguono una scuola di addestramento completa; un avvicinamento alle tecniche e al senso del teatro come in una qualsiasi altra scuola teatrale, un percorso formativo che li avvia alla professione di attori. Studiano danza, recitazione, dizione, impostazione della voce, musica, cioè tutte le discipline tradizionali che avviano ad una professionalità di attore.

L’idea di base da cui è nata l'Oiseau Mouche è quella di creare attori capaci di integrarsi, non solamente in teatri particolari o in strutture o in rassegne culturali pensate per disabili, ma anche e soprattutto in teatri normali, in compagnie di normale produzione e distribuzione. Quindi il percorso formativo di questi attori non è solo terapeutico o aggregante o capace di offrire capacità espressive estemporanee, ma un itinerario voluto e calcolato verso una precisa professionalità.

La compagnia è nata nel 1981 a Roubaix, in Francia, all'interno di un progetto governativo "I Centri di aiuto al lavoro", diffusi in tutto il Paese e che hanno il compito di sostenere i ragazzi in difficoltà o con handicap.

LOiseau Mouche non ha un regista o un coreografo fissi, ma si rivolge di volta in volta a professionisti di diverse realtà teatrali (e anche di diverse nazionalità), per avere "sguardi diversi" intorno alle loro possibilità espressive. Nel corso degli anni il gruppo è cambiato, attualmente è composto da 23 attori che possono lavorare in scena anche contemporaneamente. Ad oggi sono stati prodotti sedici spettacoli, di carattere molto diverso gli uni dagli altri, portati in tournée in tutta Europa e negli Stati Uniti.

“L'oiseau Mouche è un'esperienza singolare - scrisse Jack Lang, allora ministro della Cultura della Francia di Frangois Mitterand, ideatore e padre del progetto che permise la nascita della compagnia. I suoi spettacoli sono interpretati da uomini e donne che vengono chiamati handicappati. A teatro portano la profondità del loro mistero, il loro silenzio, a volte una presenza scenica intensa, dei gesti insoliti, una stranezza propriamente poetica ed una professionalità che testimoniano i tanti anni di anzianità della compagnia. E' una pratica teatrale la loro che, al di là di una semplice terapia, è apprendimento di un linguaggio artistico universale, un dialogo con il pubblico dal quale di solito questi uomini e queste donne vengono esclusi. Sono diversi, ma sono loro che modificano il nostro sguardo, liberano la nostra visione, perché più degli altri ci invitano a viaggiare oltre le apparenze. Ci rammentano che il teatro appartiene alla città e a quelli che vi abitano anche con dolore”.

La possibilità di fare arte, di creare, di esprimersi, di dare se stessi tenendo conto della propria cultura, sensibilità e del proprio potenziale umano: queste sono le cose che vengono rivendicate con forza dagli Oiseau Mouche, in ogni loro spettacolo.

“Per me - dice Patrik, uno degli attori - l'importanza dell'essere sul palco è avere degli altri davanti a me; è la relazione con l'altro la ragione del mio essere attore”. Afferma invece Nadia: “Quando recito e gli altri mi guardano trovo che la cosa più bella sia il fatto che il pubblico, pur sapendo che sono una malata mentale, non pensa più a me come disabile, ma mi vede invece come attrice, come una professionista che sa recitare bene o meno bene, cancellando così la parola disabile”.

Patrik, Nadia e gli altri vivono il teatro con la consapevolezza di stare facendo un lavoro e dimostrano serietà, rigore e puntualità in ogni momento della loro attività. Il teatro, per loro, è anche avere un ruolo sociale e professionale.

Il vestito più bello

Lo spettacolo "il vestito più bello" è l'ultimo lavoro, in ordine di tempo, della compagnia e ha avuto come regista Antonio Viganò.

"Ho voluto fare uno spettacolo dove loro, i ragazzi e le ragazze dell'Oiseau Mouche, si raccontano - dice il regista - dove raccontano se stessi, la propria umanità, le proprie storie. I loro spettacoli più belli, quelli che fino ad ora ho avuto occasione di vedere, sono quelli dove la loro diversità non è nascosta, dove non c'è lo sforzo a sembrare normali, ma è libera e totale la possibilità di esprimersi attraverso le proprie modalità espressive".

Ne "il vestito più bello" il palcoscenico e usato dagli attori per raccontare una storia che gli appartiene e non un testo qualsiasi, lontano da loro e per rivendicare che questa storia, bella, brutta o tragica che sia, fa parte della loro vita. La bellezza dello spettacolo è proprio qui, nel linguaggio e nella motricità degli attori che raccontano un mondo e senza intermediazione alcuna ci svelano il loro sguardo sulla vita, sulla loro condizione umana, sui loro sentimenti più profondi.

Una fila di scarpe, un pianoforte, una pila di vestiti e le loro storie iniziano, alcune divertenti altre tristi, altre ancora crudeli. Attraverso la musica, la danza, il movimento e poche parole, gli attori rivelano qualcosa della loro vita personale, con commozione, semplicità ed anche umorismo e ci conducono nell'esplorazione di una umanità che è anche la nostra.

"I ragazzi dell'Oiseau Mouche - continua Yiganb - mettono a disposizione una professionalità molto alta, che a volte imbarazza. L'etichetta di "diverso", di "disabile" che gli è stata abbinata dalla società li precluderebbe dalla scena, ma quando li vediamo ci chiediamo: dov'è la differenza con il cosiddetto "normodotato"?.

Quella differenza c'è, è lì, ma se ha l'opportunità e l'occasione di esprimersi parla esattamente come la nostra normalità.

aprile 1996

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