mercoledì 11 giugno 2008

I giovani e Scampia


"A Scampia c'è una cosa che niente e nessuno potrà eliminare / è la "Camorra". / Tutti dicono che questa camorra non avrà mai morte, / eppure desiderano che finisca / parlano male di lei, / ma ne parlano dietro, perché hanno paura. / Dicono pure che si può battere ...... pura illusione. /    [.....]  Scampia è una favola, una favola sporca / senza morale e senza la parte finale./ (Scampia di Emanuele).

Intorno a me, droga, violenza, camorra .../ ma riuscirò a liberami / da questo quartiere che è in trappola./ (Il coraggio di essere libero di Emanuele).


Sono questi alcuni frammenti di due poesie di un ragazzo di 14 anni, Emanuele che è nato e vive a Scampia e che meglio di tanti discorsi raccontano l'altalena di sentimenti tra disperazione e voglia di riscatto e di potercela fare di tanti giovani che vivono in questo quartiere dove "si nasce carcerati" e avere la percezione che c'è un'altra possibilità è cosa difficilissima.
Per chi vive nel quartiere è forte la sensazione o meglio la certezza che non c'è via d'uscita e che il sistema della camorra a Scampia è "invincibile" ;  la stessa chiesa, la Rettoria affidata ai gesuiti, che  ha un nome come un programma “Santa Maria della Speranza”, vive la contraddizione di avere di fronte, a meno di 50 metri dal suo ingresso, lo sportello blindato della centrale dello spaccio.

Scampia - 80.000 abitanti - nasce negli anni 70 come quartiere di rifugio delle famiglie diseredate dei quartieri più poveri e degradati della città di Napoli e negli anni successivi raccoglie gli sfollati, in seguito al terremoto dell’80, dei diversi territori limitrofi.
Nel tempo si caratterizza come porto franco per il deposito e lo spaccio della droga, controllato e gestito da una organizzazione ferrea e super efficiente.
Per il resto è il "deserto", non ci sono né negozi né servizi. Non c'è una banca, un cinema, un supermercato, non ci sono spazi verdi, mancano luoghi di aggregazione sociale. Ci sono otto vigili urbani, ma non li vedi mai. Ci sono la stazione dei carabinieri e il commissariato di polizia, ma risalta la libertà con cui si spaccia e con cui si circola senza rispettare le regole della circolazione.

Il mercato della droga è l'unica realtà economica di Scampia. non c'è industria né artigianato e tanto meno aree commerciali. Gli unici luoghi commerciali sono spesso organizzati dalla camorra stessa.
Un'alta percentuale delle persone del quartiere vive di questo, tanti giovani dai 14 o 15 anni sono parte dell'organizzazione dello spaccio, fanno i "pali" (controllo e vigilanza del territorio) o da corriere con moto agili e veloci.
I bambini nascono e poi crescono in questo ambiente, in questo contesto di diffusa illegalità e presto imparano a giocare a fare i banditi, a fare scippi e rapine e subito dopo, giovanissimi, si ritrovano al soldo del sistema criminale  e pienamente integrati nell'organizzazione dello spaccio.

L'unica istituzione presente è la scuola, anche per l'elevatissimo tasso di natalità, tra i più alti d'Italia.
Ma alto è anche il tasso di dispersione scolastica anche perché il sistema scolastico non è in grado di sostenere il sottosviluppo di tanti alunni che presto diventano ex-alunni. Tanti arrivano alle medie che non sanno parlare italiano o scrivere o  leggere.
"I bambini, i ragazzi hanno il vuoto - mi dice Padre Fabrizio, gesuita, dal 2001 prete  a Scampia - vivono di Tv, di play station e di modelli quali le veline o i ragazzi più grandi, bulli e violenti, ma nello stesso tempo vivono una grande paura. Il carcere è presente nell'esperienza di molte  famiglie. Una famiglia di undici figli ne ha addirittura  quattro dentro".
Da subito sono abituati alla sfida, all'aggressione e al confronto violento anche perché mai hanno avuto l'occasione di sperimentare il valore della solidarietà e dell'amicizia.
Spesso questa incapacità di confronto dialettico mette i ragazzi in difficoltà e il minimo ostacolo li porta all'abbandono scolastico.
I momenti extra scolastici mancano completamente di occasioni di aggregazione che educhino alla socialità, al gioco, al saper stare insieme, al far esercizio di solidarietà a cominciare dal gioco, a sviluppare la manualità, ad aiutare chi non riesce.

"Ecco che il mio progetto – dice Padre Fabrizio - è di creare nel cuore e nella fantasia di questi bambini e giovani un modello diverso. Un modello che sia reale e che passi attraverso l'affettività, la fantasia, il gioco; questo anche attraverso lo scoutismo. A Scampia è forse  il migliore metodo che possa offrire un minimo  risultato di continuità, anche se coinvolgere le famiglie non è facile”. Ha incoraggiato la presenza di un gruppo scout  nel quartiere che, a partire dalla sperimentazione del branco dei “lupetti”, riunisce i ragazzi e le ragazze nelle diverse unità: il reparto, un noviziato, un clan, una comunità capi. Si respira scoutismo anche d’estate, come  a Natale e a Pasqua, per la presenza di  centinaia di giovani scout, che, da ogni parte d’ Italia, sono ospiti di famiglie e della Rettoria . Vengono a prestare servizio a Scampia per due o tre settimane, animando la vita sociale del quartiere, giocando con i bambini, organizzando attività culturali e sociali.

“Il problema ora – continua Padre Fabrizio - è di trasformare dei buoni animatori in buoni educatori, sia per i bambini e a volte anche per le tante famiglie che vivono situazioni di disagio estremo”.
Un'altra linea di intervento importante del progetto del Padre gesuita è di dare la possibilità ai bambini di confrontarsi  con l'esterno, di far loro conoscere altre realtà.
“Ecco che abbiamo portato per esempio, per qualche settimana, i nostri bambini ed adolescenti in una realtà di amici in Maremma e là hanno potuto sperimentarsi in una quotidianità fatta di modelli altri da quelli proposti dall'ambiente di quartiere o dalla Tv. Imparano a capire che esiste anche la lingua italiana e che è importante per comunicare e capirsi con altri ragazzi di città diverse da Scampia”.

La scuola è l'altra realtà capace di creare le condizioni per un cambio di mentalità, per un'educazione alla legalità, ma occorre investire di più anche in formazione dei docenti e in possibilità di continuità degli stessi, i quali, spesso, dopo un breve periodo, in genere di passaggio, chiedono trasferimento ad altre sedi meno periferiche e meno  problematiche e pericolose.
"Durante i miei primi due anni a Scampia - mi racconta padre Fabrizio - avevo la sensazione di arare nell'acqua, poi piano è cresciuta l'idea di arare nella sabbia ed oggi, dopo sette anni, mi sembra di avere piantato delle piantine che stanno tentando di germogliare".
Forse c’è qualche segnale di speranza e la possibilità che possa, nel tempo, crescere una Scampia diversa non è del tutto abbandonata.
L'impegno sociale, oltre che pastorale di Fabrizio, è a tutto campo: con i bambini, gli adolescenti, i giovani, le famiglie e non per ultimo con i carcerati, “anche perché una buona percentuale di miei vicini di casa sono in carcere a Secondigliano o a Poggioreale".

"Non vedo nell'attuale situazione una via d'uscita - mi dice Padre Fabrizio - se non creare i piccoli modelli che possano essere da riferimento alla parte più sana, per progettare un'altra possibilità di vita. Abbiamo realizzato, in collaborazione con il Comune, un polo aggregativo: il Centro Hurtado, con un'associazione di volontariato, un centro di formazione professionale e una cooperativa "La Roccia" che si occupa di sartoria ed impianti elettrici".
L'associazione, oltre ad animare l’unica biblioteca del quartiere, è attiva, attraverso l'impegno di alcuni operatori, per diverse iniziative. "Giocare .... leggendo" è un tentativo di favorire la passione alla lettura dei bambini, con la partecipazione delle mamme che così imparano a raccontare le fiabe ai propri figli. Per le mamme più giovani, ce ne sono  di 15 o 16 anni, che hanno abbandonato gli studi, è stata offerta la possibilità di prepararsi all'esame di licenza media. Si realizzano incontri culturali, proiezioni e diverse iniziative legate alla creatività dei giovani. Per esempio una rassegna di otto artisti che, un mese ciascuno, potranno esporre le loro opere in un dialogo con i visitatori, nella esperienza di un’arte sociale aperta al territorio.

“Le contraddizioni più grandi – dice P. Fabrizio - le stiamo sperimentando sui temi della formazione al lavoro ed ovviamente della cultura  della legalità per la presenza radicata di un sistema antico e diffuso”.
La Campania è una delle Regioni che gode di enormi finanziamenti dall'Unione europea, eppure non si producono cambiamenti  significativi. Tutto va ad alimentare e mantenere in vita un sistema che a volte vede assegnare ingenti risorse alle solite organizzazioni anche di formazione, per non  parlare della mancanza di verifiche o di controlli sulle diverse attività, spesso  senza effettiva ricaduta e continuità nel territorio. Il lavoro nero e sottopagato è la regola. "Ricordo - dice Padre Fabrizio - che un giovane incontrato in carcere mi raccontava che per un po' aveva lavorato in una pasticceria guadagnando 40 euro alla settimana a fronte di dieci e più ore al giorno. L’attrazione di poter guadagnare cento euro in una serata di spaccio era troppo forte.”
In questo progetto di  realizzare un cambio di mentalità e di cultura attraverso esempi e semi di alternativa di vita, di una educazione alla legalità, di azioni di solidarietà e di volontariato è centrale l'esperimento del Centro Hurtado e dell'annessa cooperativa sociale di produzione e lavoro.
"Realizziamo corsi di formazione per il settore impianti elettrici e sartoria - mi dice Padre Fabrizio - perché tanti, troppi sono i ragazzi e le ragazze espulsi dal sistema scolastico tradizionale. Adolescenti che non sanno né leggere né scrivere e che spesso hanno grandi risorse di manualità, ma poco guidate in un indirizzo lavorativo e che inevitabilmente si ritrovano tutto il giorno in strada, facili prede della criminalità".
La cooperativa  è impegnata a realizzare esperienze lavorative che diano riscatto e dignità alle persone e che producano un esempio di economia nel rispetto delle leggi, ma è difficilissimo per non dire impossibile. "Ci si deve muovere in un tessuto socio-culturale ed economico dove l'illegale è qualcosa di "normale ossia la regola" e quindi farsi strada in maniera altra non può che essere arduo”.
Chi è abile e competente fugge perché è l'unica possibilità di crearsi una vita diversa e più normale.
"Io - dice Padre Fabrizio - sto cercando di far rimanere qualcuno perché si possa costruire una continuità di intervento e l'idea di una cultura e di un esempio positivo diverso, ma non è cosa facile. E poi occorrerebbe un esercito di maestri di strada, cento, duecento bravi educatori per poter sconfiggere la cultura mafiosa".

"Rimane la certezza - rimarca Padre Fabrizio – della mancanza di un progetto di lungo respiro che coinvolga le istituzioni pubbliche e le realtà associative e di volontariato del territorio. Nel deserto non può bastare qualche oasi.
Manca un piano complessivo e questo è un male profondo che non può essere sostituito dall'iniziativa seppur lodevole dell'uno o dell'altro. Non basta o meglio non bisogna cercare di fare del bene, per tranquillità della nostra  coscienza, ma occorre costruire un bene permanente, un bene generale e questo significa costruire un progetto politico di ampio respiro".
Dopo la visita a Scampia torna forte in me l'idea che l'azione, la forza morale, il coraggio e la speranza di questo prete di periferia, non può che convivere e fare i conti ogni giorno con il fallimento, con la possibilità del fallimento. Ricordo anche che lui stesso, attraverso la storia di Elisa, una giovane che grazie alla piccole possibilità di lavoro e di socialità offertele dalla cooperativa la Roccia è tornata a sorridere, confidava:  "Il mio impegno parte e si rivolge ai piccoli numeri. - dice Padre Fabrizio - anche se si riscatta una sola vita o un sorriso, questo è prezioso, è già tutto, è l'universo. Anche se la cooperativa dovesse riscattare la sola vita di Elisa io farei di tutto per tenerla in vita".

© AF, novembre 2007

1 commento:

  1. 11:05, 01 agosto, 2011

    a scampia non bastano solo le parole di padre fabrizio ma ci vorrebbo lo stato e le i9stituzioni che putroppo non funzionano perche non fanno il loro dovere

    anonimo



    17:10, 08 gennaio, 2010

    GRAZIE. GRAZIE DI CUORE.
    Emanuele Cerullo.

    http://emanuelecerullo.splinder.com

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