martedì 7 febbraio 2017

Onde Gravitazionali: la scoperta


Einstein ancora una volta aveva ragione! Se prima dell’undici febbraio 2016 gli scienziati erano convinti che le Onde Gravitazionali esistessero, ora ne è arrivata la certezza sperimentale, dispiegando tutto il suo potenziale per una nuova era della conoscenza fisica del Cosmo e della Natura.
Le teorie fisico-matematiche confermano tutto il loro fascino e tutta la loro magia e mistero nella capacità di descrivere ed interpretare i fenomeni della natura fisica e nell’intuire e prevedere aspetti e fenomeni inimmaginabili dal puro senso comune.
Una ipotesi scientifica delle più ardite ed eleganti, quella della relatività generale e delle onde gravitazionali trova conferma sperimentale dopo 100 anni dalla sua intuizione e formulazione fisico-matematica.
La teoria più importante della mia vita”, amava dire Einstein. Una teoria di incomparabile bellezza.


Albert Einstein nel 1916 con la teoria  della relatività generale legava tra loro, la forza gravitazionale e la geometria dello spazio-tempo, cioè la struttura del tessuto a quattro dimensioni (tre spaziali e una temporale), di cui sembrava essere composto il nostro Universo.
La forza gravitazionale altro non è se non la manifestazione della curvatura dello spazio-tempo, causata dalle masse che vi sono appoggiate.
Fisicamente, le onde gravitazionali possiamo immaginarle come una perturbazione che si propaga nello spazio-tempo, modificandone la struttura. Proprio come un’onda che si genera e si propaga in uno specchio d’acqua, modificandone pressione e densità, o come un’onda elettromagnetica, che modifica il valore del campo elettromagnetico nello spazio.
Einstein ne aveva ipotizzato l’esistenza un secolo fa dalla teoria della relatività e le definiva come vibrazioni dello spazio-tempo che vengono generate da fenomeni astronomici molto violenti, come le collisioni di buchi neri, le esplosioni di supernovae o lo stesso Big Bang che ha dato origine all’universo.
Proprio come le onde generate da un sasso che cade in uno stagno, le onde si propagano nello spazio creando delle increspature che possono essere rivelate ed ascoltate e che i ricercatori - che per la prima volta le hanno osservate - hanno definito “chirp”, in italiano letteralmente un “cinguettio”.  
L’immagine che tutti potremmo aver chiara nella testa è certamente quella di un sasso che viene gettato in uno specchio d’acqua. Il sasso affonda e intorno si propagano delle onde concentriche che perturbano lo specchio d’acqua. Secondo la teoria della relatività di Einstein ogni massa è l’analogo di quel sasso mentre il tessuto dello spazio-tempo è lo specchio d’acqua. Se non ci sono masse, lo spazio-tempo resta imperturbato. Se invece “lanciamo” una massa, le onde gravitazionali provocate dalla perturbazione inizieranno a propagarsi. Tutti gli oggetti aventi massa quindi sono in grado di perturbare lo spazio-tempo e generare queste vibrazioni, la cui intensità però è talmente minima da non essere rilevabile. Per poter osservare le onde gravitazionali dunque è stato necessario attendere un grande evento cosmico, come la fusione di due buchi neri massicci, con masse pari a 36 e 29 masse solari. Dalla fusione di queste due masse ne è nato un buco nero di 62 masse solari e la restante massa è stata dissipata sotto forma di energia nelle onde gravitazionali. Solo così queste onde, nate da un fenomeno altamente energetico, sono state per la prima volta osservate e si prestano a riscrivere la storia della scienza.

Le onde gravitazionali permetteranno di studiare l’universo in un modo completamente nuovo e per questo la loro osservazione diretta è stata da diversi anni considerata come uno dei massimi obiettivi della fisica. 
Sappiamo che la luce può esser bloccata, ad esempio dai buchi neri, ma la gravità non può essere bloccata e allora può raggiungere angoli dell’universo in cui la luce non può penetrare.
Quindi studiando questi disturbi gravitazionali potremmo esser in grado di studiare come si combinano i buchi neri o il big bang stesso.
Si sfrutta lo stesso principio  di quando si fa scoppiare una bomba  e dall’altra parte della Terra si usa un sismografo per mappare l’interno del pianeta grazie all’eco.
Allo stesso modo questi sismi gravitazionali che attraversano l’universo possono aiutarci a mappare ciò che non vediamo.
Le onde gravitazionali possono anche esser udite, perché vibrano e possono quindi essere convertite in suono udibile dall’orecchio umano e questi suoni possono essere annunciatori della rivoluzione della nostra comprensione dell’Universo. Ci danno informazioni sull’Universo che non possiamo recepire in altro modo. Questi suoni sono il futuro dello studio del cosmo.
Le onde gravitazionali interagiscono molto poco con la materia e proprio per questo motivo conservano la ‘memoria’ degli eventi che le hanno generate. La loro esistenza era supportata finora solo da prove indirette ma da adesso diventa possibile osservarle in modo diretto e con esse osservare una porzione dell’universo finora invisibile e misteriosa, come le zone popolate dai buchi neri o dalle “fantascientifiche scorciatoie” per viaggiare nell’universo, i cosiddetti ‘cunicoli’ dello spazio-tempo (wormhole).
La scoperta delle onde gravitazionali è anche la conferma definitiva della teoria della relatività generale. La loro esistenza fornisce la conferma sperimentale che l'interazione gravitazionale non consiste in un'azione a distanza fra i corpi massivi (come era supposto nel modello newtoniano della gravità), ma implica l'esistenza del campo gravitazionale anche in assenza di materia. La gravitazione e lo spazio sono lo stesso fenomeno fisico.

Erano l’unico elemento previsto dalla teoria della relatività generale a non essere stato ancora osservato. Secondo Einstein, quando una qualsiasi massa (che sia un sasso, una stella o un buco nero) viene accelerata, emette onde gravitazionali. Sono segnali molto deboli e complicati da osservare perché fanno ‘oscillare’ tutto lo spazio-tempo, compresi gli strumenti che dovrebbero rilevarli.
Riuscire a vederle è stata considerata a lungo una sfida impossibile.
Per diversi motivi. Il principale è che la forza di gravità è enormemente più debole delle altre forze (elettromagnetica, nucleare forte e nucleare debole), e dunque, perché produca effetti misurabili, bisogna analizzare corpi realmente molto massivi e che si stiano muovendo molto velocemente (per esempio una coppia di stelle di neutroni, o due buchi neri in rotazione, o una combinazione di questi); anche in questo caso, gli effetti prodotti dalle onde gravitazionali sono spesso nascosti e indistinguibili, sotto una coltre di rumore difficile da separare dal segnale vero e proprio.
A complicare ulteriormente le cose, però, c’è un altro fattore. Il cosiddetto principio di equivalenza: le onde gravitazionali, come abbiamo visto, sono la propagazione di perturbazioni dello spazio-tempo. Ma dal momento che noi stessi viviamo nello spazio-tempo, qualsiasi strumento utilizzassimo per la misurazione sarebbe soggetto alla stessa perturbazione, che dunque sarebbe non rilevabile.

Per arrivare alla scoperta delle onde gravitazionali, è stata necessaria una vasta collaborazione internazionale, una buona dose di fortuna e oltre mille fisici e centinaia di ingegneri in quattro continenti.
E’ dal 1990 che l’esperimento Ligo (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) ci prova. Lo fa servendosi di due enormi antenne realizzate negli Stati Uniti (a Livingston in Louisiana e a Hanford nello Stato di Washington) nell’ambito di una collaborazione internazionale di cui fa parte anche Virgo – che fa capo allo European Gravitational Observatory, a Cascina, Pisa – fondato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare  e dal Centre National de la Recherche Scientifique.
L’annuncio della scoperta è avvenuto in modo congiunto a Washington negli Stati Uniti e a Cascina in Italia, in una conferenza stampa  seguita in diretta sul web, l’undici febbraio 2016, dopo mesi di silenzio e di studio e di analisi dei dati delle onde gravitazionali, captate già in settembre 2015.
A produrre le onde gravitazionali osservate è stata la “fusione” di due buchi neri molto vicini tra loro, uno con una massa 36 volte quella del Sole e uno di 29. Una doppia scoperta perché non solo sono state rilevate per la prima volta le onde gravitazionali, ma si è anche potuto captare la collisione (avvenuta 1,3 miliardi di anni fa) e successiva fusione di due buchi neri, evento predetto ma mai finora documentato.

Le innumerevoli intuizioni e conseguenze delle teorie einsteiniane, nel tempo confermate da numerosi esperimenti fisici, avevano abituato gli scienziati a una fiducia nel genio di Einstein, ma ancora una volta la conferma sperimentale getta una luce nuova e diversa rispetto alla semplice teoria o astrazione fisico-matematica, seppur straordinariamente illuminante.
Una ipotesi scientifica, rimane una ipotesi scientifica, seppur bella, elegante, e capace di svelare i segreti più profondi della Natura e del Cosmo, finché non viene confermata dagli esperimenti fisici e solo allora può essere annoverata come pienamente legittima e veritiera.
Il cammino della scienza e della conoscenza del mondo fisico, con tutte le sue conseguenze tangibili nella vita quotidiana di ciascuno di noi, continua a dispiegare le sue scoperte e il fascino di una opportunità altra di incontro con il mistero del mondo e della possibilità della sua conoscenza.
La scienza fa emozionare come poche altre cose al mondo, è come con l’abbraccio di un bambino o l’aver realizzato un’impresa impossibile, o sperimentare l’affetto profondo di una persona cara,  o ammirare un’incantevole opera d’arte o ascoltare una musica geniale.

Ripercorrere e raccontare la scoperta delle onde gravitazionali è stata per me un’emozione incalcolabile. Si incontrano i segreti più nascosti della natura e forse della vita, illuminati dal genio umano di Einstein e dalle sue straordinarie teorie fisiche della Relatività Speciale e Generale.
Si ha la sensazione che il realizzare, ma anche l’apprendere una scoperta scientifica sia come camminare sul confine ultimo di ciò che divide il divino dal profano.
La ricerca e la sete di conoscenza dell’essere umano ci conduce sempre più in profondità, nell’indagare la complessità dell’Universo e nel rivelare l’intima semplicità, eleganza e bellezza delle leggi che lo governano.

marzo-aprile 2016


bibliografia essenziale:
Abert Einstein: Relatività, esposizione divulgativa, Boringhieri, 2015
Paul Dirac: La bellezza come metodo, Indiana  2013
Wolfgang Pauli: Fisica e conoscenza, Boringhieri, 2007
Carlo Rovelli: Sette brevi lezioni di fisica, Adelphi, 2014


Carl Gustav Hempel: Filosofia delle scienze naturali, Il Mulino, 1980

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